Soldi, tanti soldi, beati siano i soldi. Ma i risultati dove sono?

Il denaro non è il passaporto per la felicità, e nemmeno per le vittorie. Lo hanno imparato a caro prezzo i nuovi padroni del calcio, emiri, sceicchi e petrolieri che hanno deciso di fare grossi investimenti nel calcio, ottenendo però poche soddisfazioni in rapporto alle ingenti somme di denaro elargite.

CHELSEA – Vero che questa stagione si è chiusa con la vittoria del Chelsea in Champions League, trofeo tanto ambito da Roma Abramovich, ragion per la quale il magnate russo ha investito nel corso degli anni quasi un miliardo di sterline, ricavando solo pochi giorni fa il compenso per tutti gli sforzi economici fin qui profusi. In Premier League, il Chelsea ha recitato un ruolo a dir poco marginale e solo dopo l’allontanamento di Villas Boas, a furor di spogliatoio, ha saputo dare una sterzata alla sua stagione, fino a Febbraio, assolutamente deludente. Inutile sottolineare come l’ingaggio del tecnico portoghese, con annesso pagamento della clausola rescissoria, sia da considerare l’ennesimo colpo a salve sparato da Abramovich, per non parlare degli ultimi colpi di mercato, come ad esempio Torres, stellari solo sul libro paga ma non sul campo.  Se il Chelsea oggi è Campione d’Europa lo deve alla sua spina dorsale storica, da cui in futuro, più che mai prossimo, dovrà imparare a non prescindere.

MANCHESTER CITY – Come il Chelsea, anche il Manchester City, viene da una stagione culminata da una vittoria. Ma Mancini, dopo i festeggiamenti per la vittoria in Premier League, dovrà riflettere sulle modalità con le quali ha vinto il titolo. Uno scudetto conquistato all’ultimo respiro, quando l’altra metà di Manchester stava già esultando per l’ennesimo trionfo di Ferguson, ma i gol d Dzeko ed Aguero hanno spostato l’ago della bilancia definitivamente sul City of Manchester. Mancini ad un soffio dal fallimento, altro non si sarebbe potuto dire, di fronte ad un secondo posto e dopo l’ennesima campagna acquisti faraonica dello sceicco Mansour.
Ciò nonostante, non si può non considerare il flop del City in Champions League, eliminato già nella fase a gironi a favore di Bayern Monaco e Napoli, quest’ultima, squadra dalla politica aziendale diametralmente opposta.

PSG – Se almeno Chelsea e Manchester City possono quantomeno consolarsi con le vittorie di Champion League e Scudetto, altre squadre non posso ritenersi altrettanto fortunate. Il PSG, fresco di gestione emirata, nonostante una campagna acquisti da “grande”, con l’acquisto di Pastore, Menez, Sirigu  e Lugano ad Agosto e poi di Thiago Motta a gennaio senza dimenticare il cambio in corsa della guida tecnica, affidata ad Ancelotti. Ciò nonostante i transalpini sono riusciti nella poco edificante missione di chiudere la stagioni a mani vuote.  Probabilmente anche un tecnico poco conosciuto, ma comunque capace, come Kombouare avrebbe chiuso il campionato al secondo posto, e non ce voglia Ancelotti, ma a volte i palmares servono solo ad ottenere lauti stipendi, e forse l’ex allenatore di Milan e Chelsea poteva e doveva fare qualcosa di più. Il mancato acquisto di Tevez o Pato a gennaio non è una buona scusa; il Montpellier è una squadra che ha vinto brillantemente e senza aver speso in maniera folle. Una lezione di calcio per al Khalaifi che dovrà rimandare alla prossima stagione i sogni di gloria che si era prefissato al momento dell’acquisto del sodalizio parigino.

MALAGA – In Spagna è il Malaga, da un paio di anni a questa parte, ad aggiungersi al novero delle squadre acquistate dai cosiddetti Paperoni del calcio, ma come nel caso del PSG, i tanti investimenti fatti per potenziare la squadra, imbottendola di nomi più o meno altisonanti, non hanno portato a risultati di rilievo. L’accesso, per la prima volta, in Champions League, è un gran bella soddisfazione ma era il target minimo da centrare. E’ lapalissiano come Real Madrid e Barcelona siano squadre di un altro pianeta, e quindi era impensabile che la squadra di Pellegrini potesse inserirsi nella lotta per la conquista della Liga, affare ristretto sin dalle prime battute al duopolio Barca-Real, ma era lecito attendersi qualcosa di più di una qualificazione in Champions conquistata sul filo del rasoio.

ANZHI MAKHACHKALA – Sul fronte russo, invece, c’è da registrare il flop completo dell’Anzhi Makhachkala che, forte dell’acquisto di Samuel Eto’o, poteva e doveva recitare un ruolo di assoluta protagonista nel campionato russo. Un disastro completo, invece, segnato da un deludentissimo quinto posto, insufficiente per centrare almeno la qualificazione in Champions League. Eto’o non a reso in proporzione al suo ingaggio faraonico, da venti milioni di Euro annui, ma non ci sarebbe oggettivamente modo, ma è altresì vero che i 13 gol segnati dal camerunense sono un bottino davvero troppo esiguo per un bomber dai 20 gol facili.
All’Anzhi hanno pensato, e male, che un solo grandissimo giocatore potesse sopperire alle lacune tecniche di una squadra di modesta caratura, quale la compagine russa in effetti sembra essere. Nemmeno Eto’o e nemmeno un santone come Hiddink abituato ai miracoli, ha potuto cambiare le sorti di questa squadra che deve ancora farne di strada per diventare una big d’Europa.

GUANGZHOU EVERGRANDE – Oltre continente c’è da dare uno sguardo al Guagzhou Evergrande, squadra che da solo pochi giorni è stata affidata alla guida di Marcello Lippi. L’ex C.T. ha accettato l’incarico attratto dal sontuoso ingaggio da 10 milioni di dollari offertogli dalla dirigenza.
La stessa squadra che due stagioni or sono mise sotto contratto Dario Conca, argentino in forza al Fluminense, investendolo di un contratto da circa 11 milioni Euro annuali. Follie di un calcio in espansione e che non ha capito l’esatto equilibrio del rapporto prezzo-qualità, attualmente smisuratamente a favore del primo fattore. Per il momento il Guagzhou può fregiarsi del titolo di Campione di Cina, ma è ovvio che investimenti di tal portata presagiscono ad una mira espansionistica estesa a tutta l’Asia.

ROMA – Tornando invece sul suolo italico, una considerazione da fare è quanto meno doverosa nel caso della Roma, prima squadra italiana gestita da investitori esteri, nella fattispecie americani. Di Benedetto ha cercato di dare nuova linfa vitale ad una squadra alla fine del ciclo di gestione della famiglia Sensi, ma è ovvio che per poter primeggiare c’è bisogno di tempo, pazienza ed anche di un pò di fortuna. Ingredienti che sono mancati ai giallorossi che dopo solo un anno dicono addio a Luis Enrique, uomo su cui era incentrato il nuovo progetto Roma, prendendo a modello il Barcelona di cui proprio l’asturiano è stato una delle icone degli anni novanta.

NAPOLI – Progetto che invece va avanti è quello di patron De Laurentiis che, proprio pochi giorni fa, ha ricevuto l’enorme soddisfazione di vincere il suo primo trofeo della sua gestione. Un traguardo che deve essere assolutamente considerato come punto di partenza. Un esempio da seguire per chi vuole produrre un buon calcio tenendo d’occhio anche il bilancio. In Italia si può fare così come in Europa, basti pensare ai successi di Montpellier in Francia e del Borussia Dortmund bi-campione in Bundesliga.
Il sogno del presidente sarebbe quello di emulare, si spera in un tempo non troppo lontano, i risultati di queste compagini che con il tempo, la serietà e l’unità di intenti stanno meritatamente ottenendo sul campo. In bocca al lupo.

Antonio Salvati

 

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