La rosa del Napoli è un rebus tattico: siamo davvero sicuri che il 4-3-3 sia la via migliore?

Il Napoli ha una rosa variegata dal punto di vista tattico e, forse, non è detto che il 4-3-3 sia indubbiamente il modulo migliore.

È semplice e, per certi versi, doveroso accusare Garcia per l’inizio di stagione deludente del Napoli. Impossibile negare infatti i tanti demeriti del tecnico francese: dal gioco a tratti assente, ai cambi e alle formazioni inspiegabili, passando per un rapporto sempre complicato con gli uomini cardine della squadra.

Non si può però neanche negare che la rosa del Napoli non sia così facile da gestire. Si tratta di una squadra fortissima nei singoli, che sicuramente non ha così tanto da invidiare all’Inter capolista con 10 punti di vantaggio (troppi). Altrettanto, la vasta quantità di calciatori a disposizione diventa a volte una trappola, rendendo davvero difficile la possibilità di valorizzare tutti i calciatori al meglio senza scontentare nessun tifoso, calciatore o commentatore.

I giocatori non valorizzati dal 4-3-3

Adesso starà a Mazzarri questo difficile compito. Un allenatore poco abituato a giocare con la difesa a 4 (che sembra l’unica incrollabile certezza tattica di questo Napoli) e arrivato con una promessa di modulo (quella del 4-3-3) che suona quasi più come obbligo dall’alto più che di volontà spontanea dell’allenatore. Al di là dei dubbi che può generare una (se esistente) coercizione tattica all’allenatore, c’è da dire che non è così tanto sicuro che questo modulo sia davvero il migliore.

Raspadori poco valorizzato dal 4-3-3?
Raspadori- LAPRESSE- spazionapoli.it

Basti pensare a come si fatichi a valorizzare in questo contesto tattico proprio i due più grandi investimenti degli ultimi due anni: Raspadori, infatti, fa fatica ad adattarsi come esterno d’attacco, si trova perfettamente a suo agio come punta ma in tale ruolo col ritorno di Osimhen sarebbe obbligato alla panchina. Anche Lindstrom, neo acquisto estivo e ancora oggetto misterioso, deve qualche difficoltà forse anche ad un modulo che non si adatta perfettamente alle sue conoscenza tattiche: il danese ha giocato poco in carriera come una vera e propria ala e comunque non a destra, fascia dove potrebbe avere più spazio.

D’altro canto, un cambio tattico potrebbe provocare la svalutazione o addirittura l’esclusione di altri calciatori che, al momento, appaiono difficilmente sostituibili (come Zielinski). Per questo, il Napoli rimane una patata bollente difficile da maneggiare per allenatori meno esperti, fra moduli obbligati come scelte (non più) sicure derivanti dallo Scudetto dello scorso anno e rivoluzioni tattiche che, se effettuate senza criterio, rischiano solo di creare sciagure come quella vista in Napoli-Empoli.

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