Quanto ci sono mancate certe notti: il Napoli finalmente riscopre le gioie della Champions!

Ripensate a un anno fa, a quando l’entusiasmo per un gioco straordinariamente bello e per la voglia matta di scudetto era così accecante da far passare quasi in sordina le disfatte europee. Ripensate a tutte quelle volte che si attendeva un gol, magari al novantesimo, per legittimare l’urlo “The Champions!” di novanta minuti prima. Ripensate a tutte quelle volte che avete atteso invano perché i piani tecnici erano diversi dai vostri sogni.

Quel gol al novantesimo è arrivato, un anno dopo, abbattendo la corazzata Liverpool – vice-campione d’Europa, e scusate se è poco – e scaraventando a terra un muro, quello dell’autonegazione di potersi permettere un lusso anche in Champions League. Inevitabile dunque l’ennesimo paragone tra Ancelotti e Sarri, che come due rette parallele vanno in direzioni simili ma un punto d’incontro probabilmente non lo troveranno mai.

Strategia harakiriana quella di Sarri in Europa, dove meglio non proseguire il cammino, meglio stroncare i sogni dei tifosi, meglio non consumare le energie e conservarle, piuttosto, per vincere il campionato. Salvo fallimenti.

Un anno fa, in un girone assolutamente abbordabile con Shakhtar Donetsk e Feyenoord, con l’aggiunta della prima della classe Manchester City, il Napoli concludeva la sua avventura classificandosi come terza e dopo numerosi soliti rifiuti di essere quello stesso Napoli che in campionato faceva innamorare un intero popolo. Oggi, un anno dopo, gli azzurri sono primi in un girone di ferro con PSG e Liverpool. Impensabile, eppure evidentemente bastava crederci un po’.

La musica ora è cambiata, perché questi tifosi hanno fame, hanno voglia di vincere, perché vincere è sempre bello, ma in Champions un po’ di più. Perdere, invece, non lo è mai, neanche per strategia. E allora si torna a giocare, come in campionato o forse anche meglio, con la grinta e la cattiveria di chi non tira indietro la gamba, di chi invece di conservare energia, ne tira fuori ancora di più, di chi sa che per diventare grandi si devono vivere (e vincere) notti così.

Quanto ci erano mancate certe notti, quelle che ti fanno soffrire fino all’ultimo per poi esplodere, senza rammarichi, senza il dissidio interiore nel dover ammettere di non voler essere sé stessi. Vincere aiuta a vincere, questa è l’unica chiave del successo e Ancelotti, che di successi se ne intende, sa che magari questa competizione non la si vincerà, ma certe notti valgono il prezzo del biglietto di un’intera stagione.

D’altronde lui stesso in un suo famoso libro titolava “Preferisco la coppa”. Anche noi Carletto, anche noi. E finalmente possiamo dirlo senza vergognarcene.

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Luca Forte

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