Se Mertens doveva essere “l’uomo scudetto”, quest’anno ha fatto mancare qualcosa

Non per la sconfitta con la Juventus all’andata, non per il tracollo con il Lipsia e nemmeno per quello interno con la Roma. Non è in queste gare che si è visto infrangere il sogno azzurro (ad oggi quasi utopia), ma la vera amarezza rimane per la serie di pareggi arrivati nelle ultime gare. Quella sensazione arrivata con il gran gol di Faouzi Ghoulam nel 3-2 contro la Spal, o con quello di Allan con la Spal. La sensazione che quest’anno, nel momento del bisogno, il colpo del fuoriclasse sarebbe arrivato.

I pareggi di quest’anno hanno tutti il sapore di un urlo strozzato in gola. Esattamente come quello arrivato oggi pomeriggio a San Siro, con la straordinaria risposta di Gigio Donnarumma alla conclusione di Milik, ed anche ai cori del settore ospiti poco gradevoli nei suoi confronti.

La verità la dicono i numeri, che parlano di un assoluto problema in fase offensiva per Maurizio Sarri. Proprio il Napoli, la squadra che dava più garanzie di tutti in quel reparto del campo. E questa crisi ha un nome, ed anche un cognome. Che non può essere considerato l’unico, in particolar modo visto il calo di Callejon e l’imprecisione di Insigne nelle ultime uscite. Entrambi, bisogna sottolinearlo, hanno uno score realizzativo inferiore rispetto alla scorda stagione.

Ma Dries Mertens, si spezza il cuore nel dirlo, quest’anno ha fatto mancare qualcosa. La sua stagione non è di certo negativa, e la sufficienza la supera a pieni voti. Ma la presentazione che ci aveva fatto lo scorso anno, aveva il colore del fuoriclasse. Un colore diverso da quello del campione, a tinte unite. Che seppur bellissimo, rimane un colore a tinte unite. Quello del fuoriclasse invece, ha la capacità di regalare a chi lo guarda colori mai visti prima, che verranno ricordati proprio da quel momento in poi.

Lo score di Mertens parla di 20 reti stagionali in 42 presenze, di cui 17 in campionato, due in Champions League ed uno in Coppa Italia, subentrando dalla panchina. Numeri quasi normali, per il centravanti di una squadra con un gioco offensivo così dinamico. Eppure, a parte la gara di ritorno con il Crotone e quella di oggi, dove non ha quasi mai attaccato al profondità, occupando uno spazio in campo molto ristretto, risulta difficile parlare di un giocatore sottotono.

Eppure dall’unico centravanti della squadra, che non soffre di concorrenza, non si può accettare un digiuno che è durato dal 29 ottobre al 21 gennaio, periodo in cui gli azzurri hanno perso quattro punti per strada, in due gare dove una giocata da campione avrebbe aiutato, eccome. Dries Mertens non segna da sei partite, nel momento più importante e delicato della stagione. E’ da Benevento-Napoli che un suo gol non è determinante per la vittoria, i pareggi con Inter, Milan e Sassuolo urlano ancora il suo nome, come i pali che ha colpito nelle ultime uscite. Un campione che ha confermato di essere tale, ma non un fuoriclasse. Da un punto di vista tattico ha forse lasciato l’amaro in bocca: è davvero il centravanti che tutti si aspettavano?

Il dato che ha forse qualcosa da dire è quello sulle reti in trasferta: solo 7 nelle 19 gare giocate fuori casa, quasi uno ogni tre. Non è, ci sentiamo di dirlo, uno score da scudetto. E fa riflettere sul reale motivo di questo calo del belga: l’esecuzione. E’ quella ad essere mancata quest’anno, Mertens non è stato il centravanti implacabile che sembrava lo scorso anno. In tante gare, le sue giocate sono mancate, le reti straordinarie che ha regalato lo scorso anno sembrano solo un ricordo. E senza quelle, diventa difficile competere con chi di fuoriclasse in squadra ne ha parecchi.

Il centravanti “completo” che ha mostrato di essere lo scorso anno, ma che ad oggi ha mostrato parecchie lacune in quel ruolo. Lacune che colma con facilità Arek Milik, non per divario tecnico, ma semplicemente per caratteristiche personali. Dries Mertens è un campione, ma i problemi in attacco portano la sua firma, o quella di chi ha considerato il reparto al sicuro con lui. Un giocatore straordinario, ma che le caratteristiche complete del centravanti non può vantarle. E se vengono a mancare i suoi lampi di classe, quelle lacune non fanno altro che allargarsi.

A cura di Alessandro Cangiano

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