Sogni e ambizioni in salsa Napoli

Non sarà stata la serata più divertente. Né quella più spettacolare. E nemmeno l’ennesima consacrazione a suon di gol dell’attacco tascabile. Eppure domenica sera a San Siro abbiamo assistito al miglior Napoli della stagione. Senza ombra di dubbio. Cinico, generoso, ambizioso e vincente. E se ogni tanto non fa strabuzzare gli occhi a colpi di tiki taka poco importa. La maturità non è un’apparizione fugace e celestiale, è consapevolezza scavata nell’animo. Una frase di senso compiuto senza la necessità di aggiungere punti esclamativi.

Compiuto o incompiuto? Non chiedetelo a Maurizio Sarri, almeno se ci tenete alla vostra incolumità. Ma è un quesito obiettivamente spontaneo se osserviamo questo giglio candido illuminare i campi di tutti Italia e finire a dieci punti dalla vetta della classifica. Record di reti segnate, punti totali, trasferte vinte, premi assegnati al proprio allenatore. Ma strizzando l’annata scivola via tutto, compresi i possibili trofei. Allora siamo dei semplici incompiuti, vi starete chiedendo? No. Il processo di crescita prevede picchi altissimi e deludenti battute d’arresto. L’esperienza va fabbricata sul campo se nella rosa scarseggia. E se riusciamo ad alienarci per un attimo dall’assioma “trionfo a tutti i costi”, contiamo i passi giganteschi di questa creatura più umana di quanto possa sembrare.

Se proprio siamo ciecamente legati a considerare fallimentare qualsiasi prestazione non quantificata in successi materiali, saranno paradossalmente le attuali regine d’Europa a spalancarci gli occhi. Juventus e Real Madrid, più che papabili finaliste della Champions 2016/2017, hanno entrambe incrociato il Napoli sulla propria strada. Uscendone vincitrici con saggezza e un po’ di sana furbizia. Ma non senza sofferenza. Respirare l’aria dello spogliatoio madrileno nell’intervallo della gara di ritorno al San Paolo potrebbe esserne un assaggio significativo. La semifinale di Coppa Italia con i bianconeri, dal canto suo, non ha decretato nessuna superiorità se non quella degli episodi (discutibili per molti). Senza considerare la Vecchia Signora rannicchiata e intimidita andata in scena a Fuorigrotta nel confronto di campionato. Nulla da tramandare ai posteri, sia chiaro. Anzi, tante lezioni da imparare da chi ne sa più noi in termini di curriculum. Ma questa competitività latente ha radici ben solide sulle quali continuare a costruire, a partire dalle decisioni di mercato. In entrata e in uscita.

Tutto ruota intorno alle ambizioni. Accontentarsi di ciò che si è, non andare oltre i propri limiti o semplicemente rassegnarsi ad un destino praticamente segnato sono le armi dei vigliacchi. E non si tratta di mere motivazioni, perché in certe gare gli stimoli sono pressoché automatici. Trasformarli in energia positiva è la vera opera d’arte. Il Napoli che ha fatto incetta di punti nelle trasferte di Milano e Roma non è più lo stesso di un anno fa. Tutti i crocevia delle stagioni passate erano un continuo tormento, una responsabilità spesso troppo grande da sopportare. E il tonfo era dietro l’angolo. La nuova era è delineata da quel fare fiero e sprezzante, a tratti quasi altezzoso, con il quale si approcciano i match cruciali sin dalle prime battute. Pensate alla crescita di autostima nel microcosmo azzurro tale da consentire un simile atteggiamento. Il rovescio della medaglia? La deriva narcisista che, seppure in misura minore rispetto al passato, spinge inconsciamente il gruppo ad allentare la presa contro le medio-piccole. Eccolo lo step decisivo.

Intanto consoliamoci con il cinismo. Con quell’1-0 sul tabellino, il primo nella stagione dei partenopei. Sì, perché in fondo non è ammissibile segnare 3-4 reti ad ogni appuntamento. Le defiance ci stanno, l’ansia da prestazione è un male piuttosto comune. Talvolta può capitare di sprecare tanto a due passi dalla porta avversaria come contro l’Inter. Non sarebbe un dramma se la fase difensiva fosse sempre ai livelli di concentrazione mostrati contro l’Inter. L’intera posta in palio in cambio di qualche disattenzione in meno. E anche qui, purtroppo, chi stravince in Italia da sei anni insegna. La discriminante, persino in Europa, restano le reti subite.

Maturano, dunque, i desideri azzurri. E i tempi della raccolta sembrano sempre più vicini. Un ampio fatturato regalerebbe aspettative migliori ma condite altresì da mille pretese. A noi tocca sognare, come suggerisce il nostro allenatore. Ad occhi aperti. Aspettando, un giorno, quello schiaffo che ci confermerà quanto ci sia di vero in tutto questo frastuono.

Ivan De Vita

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