Nel cuore del gioco, a metà campo numeri da urlo. E in estate…

“C’è solo un pallone, quindi devi averlo tu”. Realtà, pura e semplice, firma in calce di Johan Cruijff. Uno che con il pallone ci sapeva fare, e che sapeva come gestirlo al meglio per vincere, per scrivere la storia, rivoluzionando il mondo del calcio dalle fondamenta. Una massima che il Napoli di Maurizio Sarri ha fatto sua, a pieno. Partite all’insegna del dominio, terminate con un possesso palla superiore al 70%, soliloqui dispensando una gestione della sfera dispotica, imponendo il proprio gioco senza soluzione di continuità. Una delle ricette del nuovo corso partenopeo, una chiave di volta nella rivoluzione tecnica che vede il Napoli in piena lotta per il titolo nonostante i ritmi fantascientifici di una Juventus capace di inanellare record storici, collettivi ed individuali.

Nel cuore del gioco. La verità, insomma, sta nel mezzo. Inteso come mediana, centro nevralgico dell’idea del tecnico ex Empoli. Dove l’ossessiva ricerca del fraseggio, del dominio sul piano del gioco si manifesta. Un centrocampo a tre ben assortito ed in grado di incarnare al meglio i dettami del coach partenopeo, è lì che scocca la scintilla, che il gioco azzurro divampa e diviene realtà, travolgente. Tra innesti azzeccati e rivalutazioni totali, il reparto che spesso, negli anni, ha rappresentato il vero tallone d’Achille della rosa azzurra ora è punto di forza, oltre i numeri pazzeschi di un attacco all’altezza dei massimi palcoscenici europei. Da sogno, nel reale senso del termine, l’annata di Jorginho. Sei mesi dall’ottimo impatto all’esordio in riva al Golfo, a seguire una stagione da incubo. Le voci insistenti di una fine prematura dell’esperienza partenopea spente fin dalle prime luci di Dimaro. Chiaro, chiarissimo, il tecnico azzurro, Jorginho un titolare, al pari del nuovo innesto Valdifiori, con l’obbligo preciso di cogliere al meglio le occasioni proposte. Non se l’è fatto ripetere due volte, l’ex Hellas, un ottimo esordio con il Club Brugge senza mai più cedere il passo. Imprescindibile dinanzi alla difesa, in vetta ad ogni statistica europea sui passaggi riusciti, una media di 104,5 tocchi a partita, cervello fino, piede caldo e tanta, tantissima gamba. Movimenti costanti, coprendo con sapienza in mediana. Fosforo, ragionamento e quantità. I patemi dell’ultima gestione Benitez alle spalle, regista di primissimo livello, tra verticalizzazioni illuminanti e scarichi precisi, con tanto di Nazionale conquistata con pieno merito. Al suo fianco, sul centrodestra, elmetto ben saldo e polmoni al servizio dei compagni. Allan Marques Loureiro è stato un acquisto oculato, lode e merito alla dirigenza partenopea, 2556′ giocati, in prima linea, senza mai risparmiarsi. Tre reti e sei assist ad arricchire costanza nel passo e pressing forsennato. Volante sudamericano completo, cuore pulsante del motore azzurro. Se la lotta s’infittisce l’ex Udinese è lì, approdo sicuro, uomo di pieno e totale affidamento. Una calamita quando c’è da sdradicare il pallone dai piedi avversari, 86 recuperati solo in campionato. E che dire di quella capacità, innata, di partire palla al piede e fornire varianti preziose alla manovra. Un colpo di primissimo livello, equilibratore tutto cuore, polmoni ed estro verdeoro. Attingendo – stavolta con merito – alla sempre esigente gioielleria dei Pozzo.

Il capitano. Il fiore all’occhiello a metà campo non ha di certo bisogno di particolari presentazioni. Fascia al braccio e 17 stampato, cresta altissima, rinvigorito dalla nuova gestione tecnica. Un ritorno alle origini, da interno di centrocampo, che per Marek Hamsik ha il sapore, fortissimo, della definitiva consacrazione. Non più semplice arma di distruzione di massa nelle ripartenze, uomo dagli inserimenti fulminei, imprevedibili. Vero e proprio punto di riferimento, ad un tiro di schioppo da Jorginho nel testa a testa sui passaggi completati, tutti nella metà campo avversaria. Palla al 17 come se fosse in cassaforte. Ecco, quando c’è da colpire, affondare, far male, lo scarico è tutto per lui, poi si alzi il sipario, lo spettacolo ha inizio. Intoccabile, insostituibile, parola di Sarri: “Lo farei giocare anche se fosse in rianimazione”. Del resto i 3023′ minuti giocati e le 38 presenze stagionali lo testimoniano, fiducia premiata con 7 reti e 7 assist e non solo. Quando il Napoli attacca, trova il varco giusto, c’è da star certi che lo zampino del capitano è marcato, presente, griffe di prestigio nella manovra. Senza dimenticare, ci mancherebbe, il contributo mai lesinato quando c’è da difendere il forte, serrare i ranghi e spalleggiare i compagni se c’è da far filtro. Pretoriano di Sarri con un unico obiettivo, trascinare il gruppo in un finale di stagione incandescente.

hamsik jorginho allan insigne

Piccoli ritocchi. Un trittico a cui è impossibile muovere qualsiasi appunto. Ma per raggiungere lo step successivo si impone un imperativo per la dirigenza azzurra: rendere le alternative all’altezza del livello, altissimo, dei punti di riferimento a metà campo. Grassi ha il futuro dalla sua, ha mostrato doti importanti sotto le amorevoli cure di Edy Reja e rappresenta un patrimonio da tutelare e veder crescere, senza pressioni eccessive. Il futuro di Chalobah, così come quello di David Lopez e Valdifiori, è invece tutto da scrutare. In estate, comunque, Giuntoli si muoverà, questo è certo. Davy Klaassen, classe 1993, è sul taccuino da tempo. Colonna dell’Ajax, leader assoluto nonostante la carta d’identità attesti margini di miglioramento ad oggi impossibili anche solo da immaginare. E da ammirare, passo dopo passo. Perchè non proprio alle pendici del Vesuvio? Visione di gioco totale, tecnica di base eccellente e vizio del goal mai nascosto. Capace di spaziare tra il ruolo di mezzala tecnica a quello di trequartista puro, offrendo – nel caso – varianti importanti a Sarri, che proprio a settembre ha dovuto declinare da questa peculiare alternativa tattica. Poi ci sono le referenze del tecnico, doveroso accordarle visto l’immenso lavoro svolto. E anche se smentirà la richiesta porta sempre e comunque in direzione Firenze, a quel Matias Vecino, 24 anni, lanciato a Empoli, portato in auge e sempre ammirato, anche a distanza. Equilibrio, densità in mediana e tanto tanto dinamismo. Il metronomo perfetto negli equilibri di Paulo Sousa e in quest’ottica le turbolenze in riva all’Arno potrebbero fare la differenza. Il Napoli ha tentato l’assalto, certificato, e resta alla finestra, pronto ad accontenare Sarri fino in fondo. Due preferenze assolute e tanti profili scandagliati, analizzati nel dettaglio. Da Marten De Roon, classe ’91 omologo di un Valdifiori che potrebbe rientrare nel groviglio in uscita, opzionato da tempo. A Zielinski (21 anni) autore di un’eccellente annata ad Empoli e Ionita (24), colpo low profile ma apprezzato per la sua duttilità, notevoli caratteristiche fisiche ed una capacità realizzativa da non sottovalutare. Nomi giovani, importanti e di prospettiva; per il salto di qualità in un reparto già oggi d’altissimo profilo. Il presente, ed il futuro, passano anche da qui.

Edoardo Brancaccio

 

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