Benitez, le strutture e la mentalità: basi solide per il futuro ma difficili da attuare

Quando il Napoli annunciò di aver ingaggiato Rafa Benitez, tutti capirono ed erano convinti che sarebbe stato lui l’uomo giusto per permettere il definitivo salto di qualità al progetto De Laurentiis ed all’intero mondo Napoli. Dopo un anno e mezzo, ad essere cresciuta oltre al valore della rosa è in particolar modo la distanza tra un allenatore internazionale con una visone del calcio innovativa, completa e avanti anni luci rispetto ad un retrogrado calcio italiano ancora troppo legato al passato.

LE STRUTTURE. Lo disse al suo arrivo a Napoli, lo ripete ogni volta durante le conferenze e lo ha fatto anche nell’intervista rilasciata oggi alla Gazzetta dello Sport (clicca qui per leggerla) : “Per crescere, portare giocatori di spessore e vincere c’è bisogno di avere le strutture“, il dogma di Benitez. E come potrebbe pensarla diversamente chi è cresciuto nelle giovanili del Real Madrid ed ha allenato in Inghilterra e Spagna dove lo stadio, il centro tecnico e il settore giovanili sono i punti cardini e fermi di ogni società, dalla più grande alla più piccola, rappresentando anche la fonte primaria dei loro introiti. In questi anni il Napoli ha apportato tanti miglioramenti al centro sportivo di Castel Volturno, ma non è abbastanza per una società ed una squadra che hanno giustamente l’ambizione di restare con una certa continuità al vertice del calcio italiano ed essere sempre più competitiva a livello europeo. Maggiori campi a disposizione della prima squadra, una piscina per il recupero degli infortuni, ampliamento della palestra, campi e strutture per un settore giovanile che continua i “suoi pellegrinaggi” per i campi di Napoli e provincia: queste alcune delle richieste dell’attuale tecnico azzurro che poche settimane fa si è entusiasmato per una “semplice” sala in cui i giocatori potessero riunirsi e fare colazione insieme. Cosa dire poi del “San Paolo”? Significativa la dichiarazione di De Laurentiis rilasciata durante il ritiro di Dimaro: “Le mogli dei calciatori che venivano da Liverpool e Madrid mi chiedevano perché non c’erano i bagni in tribuna in cui andare, dove avrebbero potuto portare i bambini prima e durante l’intervallo. Per questo mi sono attivato ad inizio stagione per fare una zona ad hoc per loro e fare dei bagni appositi, è assurdo“. Parole queste che non necessitano di ulteriore commenti, ma che riportano ancora una volta alle parole di Benitez: “Per portare a Napoli grandi giocatori…

SOCIETÀ. Non sono soltanto le strutture “materiali” a dover crescere, ma anche quella societaria. Una delle “accuse” che vengono rivolte al Napoli è relativa all’eccessiva semplicità dell’organigramma societario: Presidente, vice-presidente, direttore sportivo e allenatore. Nessun direttore generale o ex calciatore azzurro che magari possa fare da tramite tra l’area tecnica, i calciatori e la società. Per fortuna c’è Benitez, reduce dalla scuola inglese dell’allenatore-manager e capace di gestire e muoversi abilmente in diversi settori. Ma in futuro quando e se dovesse andar via cosa accadrà? Ecco che riecheggiano nuovamente le parole del tecnico: “Bisogna garantire il futuro alla società e al Napoli, al di là dell’allenatore”. Gli ultimi problemi riguardano poi ingaggi, mercato e fatturato: ancora troppo profondo il gap da colmare con le prime della classe.

MENTALITÀ. C’è poi la mentalità di un intero calcio italiano da cambiare. Un calcio che si scandalizza quando un allenatore, durante la sosta, pone la gestione della squadra completamente nelle mani del suo vice e che si meraviglia quando vengono annullati i ritiri pre-partita o quando si concedono alla squadra pause in prossimità delle partite. Un mondo che si stupisce della preparazione atletica con il pallone e senza corsa tra i boschi, ripetute e sedute fisiche estenuanti e che non ama aprirsi ai cambiamentii, salvo chiedersi perché le proprie squadre falliscono in Europa. “In Italia si vuole tutto e subito,  ogni partita è quella decisiva. Si prende tutto troppo sul serio. Il calcio è un gioco, serve più tranquillità”. Poche ma sacrosante parole quelle di Benitez sul calcio del Bel Paese…

Annamaria Iovino
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