Benitez vuole capitan Hamsik leader ma è Higuain ad incitare la huddle

Tempi duri per il Napoli, costretto a dimostrare senza sosta il suo valore ed a non inciampare più. Vietato cadere, soprattutto come fatto a Bilbao dove, oltre che a perdere il match ed anche la Champions, ciò che è stata strappata via a suon di reti è stata la dignità azzurra e la voglia di sognare dei propri tifosi, che speravano in altre notti magiche.  Così non è stato e la società ha deciso di far appello all’unità di intenti di piazza, club e giocatori per andare avanti spediti nel proprio progetto, puntando tutto su campionato, Europa League e Coppa Italia (probabilmente proprio in questo ordine ndr) centrando un bel filotto proprio in serie A nelle prime giornate.

A Genova c’è stata la reazione così come la vittoria, giunta non senza difficoltà. Si è palesata sotto gli occhi di un Marassi gremito però, una squadra nuovamente compatta, solida, unita, conscia delle proprie potenzialità e con un grande cuore e carattere dall’inizio del match fino all’ultimo secondo, quando è giunta la meritata rete di De Guzman. Già da prima del fischio d’inizio si era percepita una grande comunione di intenti: gli undici titolari partenopei si sono uniti in un abbraccio toccante, emozionale e forte, che ha regalato i risultati sperati. A suonare ancora una volta la carica, non il capitano Hamsik bensì Gonzalo Higuain, l’uomo chiamato nell’ultimo mese a fare la differenza sempre e comunque.

Era lui il simbolo del cammino in Champions, lo stesso che lo scorso anno gli fu strappato al “San Paolo” contro l’Arsenal, costandogli lacrime amare, le stesse che hanno versato sugli spalti tantissimi tifosi napoletani. L’argentino si è fatto portavoce di questa immensa voglia di riscatto scendendo in campo con il sangue agli occhi: anche se non al top della forma, era carico, forse anche troppo nervoso, di quell’agonismo che si tramuta in ambizione e voglia di raggiungere traguardi importanti, storici per un club che come il Napoli è risorto in meno di un decennio dalle sue ceneri. All’andata, nel suo tempio, ha anche siglato un gol fantastico, che ha regalato ai suoi la possibilità di restare in corsa, poi sfumata con merito al “San Mamès”. Non poteva fare di più, solo, spettatore di una squadra irriconoscibile e di tanti, troppi errori in ogni porzione del campo. Stessa cosa a Genova. Il Pipita si è assunto nuovamente la responsabilità del peso dell’attacco sulle sue spalle, trascinando per mano i compagni e curando ogni fase: quella di impostazione, quella di finalizzazione, cross, assist, tagli, verticalizzazioni, giocate da maestro. Un giocatore a trecentosessanta gradi, che trasmette a tutti la sua grinta, esaltando e rappresentando i tifosi e la loro voglia di vincere.

Eppure, il leader di questo Napoli orfano di Pepe Reina doveva essere Marek Hamsik, il capitano. L’ha ripetuto spesso De Laurentiis e sempre Benitez, sin dal ritiro di Dimaro. Perché infondo è questo che fa colui che indossa la fascia, rappresenta città, tifosi e compagni in ogni occasione. Lo slovacco ci riesce bene ma, a causa di un temperamento sicuramente più tranquillo e pacato, non riesce sempre a trasmettere in campo quella giusta grinta che cui si aspetta da un fuoriclasse importante come lui. Soprattutto in Europa, è mancato il piglio autoritario, di colui che sprona i titolari dopo un errore, che tenga compatti i reparti, che sia l’ultimo ad arrendersi.  Leader la maggior parte delle volte si nasce, non si diventa. Un Reina al momento non c’è ma, valutando i fatti, attualmente il miglior rappresentante del Napoli in campo resta proprio Higuain, con la speranza che possa essere il simbolo di tante altre vittorie e soddisfazioni in maglia azzurra, per un legame che si possa rinnovare nel tempo e negli anni diventando sempre più indissolubile.

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