Gonzalo Higuain, un gol per rilanciare il Napoli e scalare la classifica dei marcatori

Più avanti in (quasi) tutto. Con la Juve, i gol fatti, l’età e i successi in carriera. Eppure è là, sotto tiro, nel mirino. Almeno nella classifica dei cannonieri. Comanda Immobile, ora. Tre gol tutti insieme e fanno 16. Poi Tevez 15 e Higuain 14. Il podio è “argentinapoli”. Di nascita. Ciro il grande, Carlitos e Pipita i grandissimi. Derby sudamericano. Una rete soltanto di differenza. Un guizzo, una giocata, anche solo un rimpallo li separa. Un gol insomma. Di tacco, di piatto a girare oppure di testa. Destrezza, acrobazia, opportunismo. In qualsiasi maniera possibile. Higuain ha già segnato in tutti i modi. E considerando le Coppe, anche più di tutti.

DUELLO. Però c’è Immobile lassù in campionato. E Tevez l’Apache dietro. La sfida di Higuain è però soprattutto a lui: la faccia da cattivo coi piedi d’angelo. L’hombre del pueblo argentino, il rivale sempre. Carlitos è del Boca e della Juve. Pipita (Pipa e basta nello spogliatoio, proprio come il suo papà) del River e del Napoli. Evidentemente avversari, insomma. Contro. Tevez avanti, Higuain un passo dietro. Però lanciato. Di forza, potenza, pure prepotenza se c’è da sgomitare, liberarsi e scappare via in contropiede. L’ultimo festa a Torino. L’altra metà, quella granata. I vicini di casa. Il gol nel recupero, l’urlo con quel filo di fiato rimasto, e il rumore per il nemico che ascoltava. Higuain da clonare. Raddoppiare. Come gli obiettivi. Primo tra i goleador, secondo da Champions in campionato.

NUMERI. Quattordici gol fatti, sigilli d’oro sulle porte violate. Pepite più che Pipita. Mai una sconfitta quando esulta lui. Porta punti, gioia e spettacolo. La prima volta non si scorda mai. Chievo-Napoli 2-4, assist d’Insigne, rete di Higuain: sfregiato dopo il tuffo maldestro a Capri. Sembrava davvero Tevez. Graffi da fuoriclasse sul campionato. L’Atalanta una Dea sedotta. Gonzalo bello pure al “San Paolo”. Segna e …sogni. Ventisette anni di incubi, San Siro rossonera la casa del Diavolo. Poi è arrivato lui. Destro maligno da lontano e Abbiati piegato: l’unico gol stagionale da fuori area, il suo habitat naturale. Sedici metri di monarchia. Falso nueve quando fa il regista d’attacco; vero verissimo centravanti quando ti punisce faccia a faccia. Torino malcapitato. Due rigori a Fuorigrotta. “Tiro io”. Gol. Higuain freddo. Sempre. Come pure a Cagliari e Bologna. Undici metri di precisione. Da fermo è implacabile, se parte è inarrestabile. Ciani della Lazio travolto. E’ un attimo, è un momento da cogliere. Eventualmente al volo. E di sinistro. Mazzarri ricordava Cavani. Ha scoperto pure lui. Pipita Re con l’Inter: sessantamila i suoi sudditi. Milano da bere, soprattutto da battere. Doppietta al Milan, tredici reti col Genoa, quattordici a Torino una settimana fa.

EUROSFIDA. Ora la Fiorentina, l’altra delusa d’Europa. La squadra ch’era di Batistuta, il mastro centravanti, il capostipite dei bomber argentini di ultima (o quasi) generazione. Lui, Bati, l’idolo del Franchi. Lì dove Pipita è entrato nel tabellino senza segnare. Il lancio d’esterno per Callejon una pennellata nella città che è un’opera d’arte. L’altra metà del campione, il 10 che è in lui, il rifinitore da dieci (appunto) assist già stagionali. Higuain per il Napoli, i guai per gli avversari. Pipita per sé e per i compagni. Il passaggio filtrante il piacere di mettere il compagno davanti alla porta, l’esaltazione del talento, la capacità di vedere (e arrivare) coi piedi là dove gli altri neppure osano guardare. Visione periferica totale. Del campo e degli obiettivi. Finale di Coppa Italia, secondo posto Champions e classifica dei cannonieri. Tutto è da giocare. E lui vuole tutto. Sempre più Higuain. Ma sempre più anche Tevez. Immobile permettendo sarà un duello fino all’ultimo. Dieci passi (giornate) ancora e poi boom. Pipita caricato a pallettoni.

FONTE Corriere dello Sport

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