Ancora avanti col cuore, ma quando verranno le vittorie “di testa”?

E anche questa è fatta. Questa, probabilmente, la frase più adeguata che Benitez avrà sussurrato a sé stesso ieri sera alla fine della gara di Coppa contro lo Swansea, considerando la prestazione “anema e core” degli azzurri in un match che sembrava essersi messo sui binari morti che purtroppo conosciamo bene bazzicando l’arena del San Paolo negli ultimi tempi, dove spesso si sono viste le repliche non a richiesta di copioni mal digeriti e irritanti ai più, causati da una non-reazione postuma ad una sberla come si può interpretare un gol dell’avversario che spezza sogni e speranza di una squadra che segnaliamo ancora una volta troppo fragile emotivamente, incastrata tra la necessità di reagire nello stretto giro di pochi minuti e l’incapacità di ottimizzare una pronta riscossa, forse per indole, forse per inadeguatezza negli elementi, più probabilmente per la mancanza di tempra vincente che oramai ripeteremo alla noia. Sta di fatto che si è passati il turno, i gallesi sono tornati a casa sconfitti per tre gol a 1, ma si mangeranno ancora le mani ripensando a cosa hanno sbagliato e cosa gli è stato concesso senza il benché minimo biasimo da parte di una compagine, quella partenopea, in trance agonistica, ma in senso negativo, come se fosse ipnotizzata su un canale amorfo, privo di reazione, mancante di quel segnale che sia in grado di sintonizzare la frequenza vincente sull’onda giusta.

E allora vengono a galla i se ed i ma che, per carità, lasciano sempre il tempo che trovano, ma vivono pur sempre nella testa dei calcolatori, di coloro i quali non lasciano nulla al caso e riflettono per i tempi che verranno, quando non sarà più lo sconclusionato Swansea a fare visita agli azzurri, ma saranno invece squadre in grado di concretizzare il minimo svarione difensivo, la piccola sbavatura a centrocampo, l’imprecisione di un attimo in fase avanzata che ha buttato all’aria un gol che altrimenti sarebbe forse stato decisivo. Quelle squadre capaci di mietere vittime con qualche tiro in porta o poco più, tanta qualità e concentrazione nei minimi particolari, fattori determinanti quando si gioca contro una squadra a tratti brillante e gagliarda come lo è il Napoli, ma ancora una volta irrimediabilmente irretita in quella ragnatela mentale fatta di trame resistenti forgiate su di una incostante volontà di perseguire l’obiettivo, troppo spesso lasciato al caso e abbandonato ad una sorte che prima o poi girerà le spalle per guardare altrove.

Nel calcio, come nella vita, ci vuole cuore e spirito impavido, ed il Napoli ieri sera ha avuto entrambi gli stati d’animo, altrimenti il risultato ottenuto non si spiegherebbe, ma ha, ahinoi, anche sminuito in maniera sconsiderata la capacità di gestire il vantaggio con quella forza emotiva che continua a latitare in questa stagione, sul quale poniamo l’attenzione e la focalizziamo nella nostra rubrica “io non ci sto” di questa settimana. Affidarsi alla sorte e al “buon cuore“, per modo di dire, non sempre consentirà di raggiungere il risultato prefissato, se dall’altra parte ci si confronterà con compagini che avranno caratteristiche d’approccio mentali più mature di una Napoli che dimentica troppe volte che la testa bisogna sempre usarla, anche se è il cuore a spingere sul rush finale per agguantare la vittoria. Consolidare le proprie forze e il proprio iter attraverso la reattività dell’orgoglio e dell’amor proprio per perseguire il risultato non può bastare in un alveare immenso fatto di squadre spietate e fredde come la lama di un rasoio, le stesse squadre che ti taglieranno fuori senza fronzoli, facendoti gridare alla beffa, ma che sono le stesse che concretizzano al massimo grazie ad un lavoro mentale che il Napoli, ad oggi,non è ancora in grado di mettere in atto. Riuscirà Benitez...

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