Da Bergamo al Sassuolo, la rinascita azzurra in cinque mosse…

Una metamorfosi in soli quindici giorni. Non da impiegato a scarafaggio ma da bruco in farfalla. Dieci gol segnati in 4 gare e soprattutto 3 gol incassati: meno di uno a partita. Il 2 febbraio scorso il Napoli più triste dell’anno le prendeva di santa ragione a Bergamo: 3-0 per l’Atalanta. Pochi giorni dopo al San Paolo il Napoli più ruggente del 2014 ha schiantato la Roma in Coppa Italia e poi, con semplicità, ha vinto a Sassuolo. E viste le abitudini del RafaNapoli non era cosa così scontato perché per caratteristiche quest’anno è parso più facile battere Arsenal e Borussia Dortmund che Chievo o Bologna o Sassuolo. Ma intanto non si può non ammirare il lavoro di Benitez, che ha rivoluzionato il Napoli e l’ha confermato ai vertici del campionato italiano. Rafa fa record di punti e si prende il primato di miglior attacco della storia azzurra (49 gol). Una rivoluzione in cinque atti: crescita atletica, campagna acquisti, lavoro psicologico, il miglioramento della fase difensiva e la consapevolezza di avere ancora tutto a portata di mano. Vediamoli.

La crescita atletica. Di ritorno dalla pausa natalizia, qualcosa non ha funzionato a dovere: questione di tabelle, perché forse l’obiettivo è di arrivare al top della corsa in primavera. Certo, l’intoppo è apparso anche fisico. D’altronde il suo credo è chiaro: il calcio è 80% pallone e 20% palestra, non di più, forse anche meno. Ma ora le gambe sembrano finalmente solide, il passo è tornato sicuro. E gli esterni, aggressivi, a volte sbagliano ma al successivo attacco hanno già dimenticato e rieccoli lassù. Senza considerare secondario il graduale recupero di Hamsik e il ritorno di Behrami.

Il mercato. Ha giocato un ruolo decisivo. Con la qualità si va in paradiso, si sa. E Jorginho (che a Sassuolo non c’era) ha sistemato le cose nella mediana, garantendo quella qualità nella regia che magari non era nel Dna degli svizzeri. Bene anche Ghoulam: avere un piede sinistro che gioca sulla sua corsia naturale non può che portare benefici.

Il lavoro psicologico. Il messaggio di Rafa è sempre chiaro, già solo al momento di disegnare la formazione. Mandando il campo il 4-2-3-1 sempre, con quattro attaccanti, trasmette alla squadra il segnale giusto: niente paura, siamo il Napoli. Segnale recepito in pieno. D’altronde, in pochi sono come lui nel motivare un gruppo: glielo riconoscono anche i nemici e i critici. Lentamente, col passare dei mesi, Benitez ha martellato i suoi giocatori, infondendo fiducia, obbligando col suo carisma il gruppo a seguirlo, aumentando l’autostima di atleti che spesso scendevano in campo senza la giusta convinzione. L’esempio più lampante è la crescita di Fernandez.

La difesa. Sta mantenendo una certa impermeabilità. Albiol dà sicurezza e ne dà anche a Fernandez. Gli incastri difensivi cominciano a funzionare anche grazie alla buona protezione del centrocampo. Un centrocampo di lotta e di governo. Per esempio, contro Roma (all’Olimpico) e Milan in campionato, presi i gol il Napoli ha avuto subito una reazione.

I traguardi. Il Napoli insegue il secondo posto, lo scorso anno di questi tempi era a 5 punti dalla Juventus capolista. Eppure le motivazioni sono le stesse di 12 mesi fa. Benitez sa che l’obiettivo numero uno è il ritorno in Champions: ne vanno di mezzo il futuro e le stesse strategie di mercato della prossima stagione. Rafa ne è consapevole. Le coppe sono qualcosa in più, quello che conta è la conquista dell’Europa dell’oro.

Fonte: Il Mattino

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