Totonero e calcio scommesse, una tradizione di annunci inevasi

Il totonero è un censore che si affaccia alla finestra. Di tanto in tanto spunta fuori e ne promette quattro a qualcuno. Con l’aiuto dei giornali e delle televisioni fa il suo blitz e scoperchia un pentolone.

I totonero dell’Italia politicamente corretta sono stati almeno tre, volendo restare negli accertamenti della storia più recente. Sì, accertamenti, a mo’ di un’equitalia che vorrebbe ripristinare chissà quale impianto morale nelle fondamenta di un pallone che poco si ispira a un “decoubertianesimo” della prima maniera, e nemmeno si sforza di provarci con qualcosa che sia dell’ultima ora. In fondo il finanziamento pubblico e privato allo show che deve andare avanti a tutti i costi non risparmia neanche etiche e retoriche, nell’alibi che in fondo, per molti, aver abbattuto i moralismi, illusione da quattro soldi, sia stata una conquista migliore.

All’insaputa, d’improvviso, come ogni blitz che si rispetti, esce fuori qualche nome illustre e come se niente fosse ci si confronta sul pudore. Inizia la gara a chi ha la faccia più tosta. I diretti interessati si dichiarano innocenti, talvolta ammettendo di conoscere i mascalzoni di turno, ma non avendo mai spartito niente di male con loro. Le vicende giudiziarie promettono battaglia al calcio scommesse, ai brogli, alle combine e ai calciatori responsabili di partite fasulle. Poi, però, dopo la recita del copione, ormai pure un po’ noioso, si verifica l’incongruenza per eccellenza. Presunti colpevoli, ipotetici indagati, al cospetto di indizi e di prove, si portano addosso un carico di responsabilità sproporzionato rispetto ai clamori della vigilia e alle inquietudini del processo che verrà.

Se il calcio sarà scosso da scandali su vasta scala, questi stessi scandali, orfani di sentenze e provvedimenti realmente incisivi, resta quasi inevaso. Il pallone scurisce improvvisamente, ma i pochi protagonisti dei fattacci sono talmente pochi, in certi casi anche sprovveduti, da apparire più come faccendieri maldestri caduti dentro l’isolamento della fuga mancata, piuttosto che artefici unici del calcio affidato a partite combinate.

A giudicare da quello che si legge, da quello che viene annunciato dagli stessi organismi giudiziari, dalle stesse sensazioni, se ci si vuole affidare in qualche modo anche a un sistema percettivo delle vicende, chissà quali sconvolgimenti si aprono all’orizzonte. Invece, a cose fatte, in certi casi solo avviate, qualcosa che non si capisce si sgonfia per strada, lasciando che qualcuno paghi, giustamente, ma senza che nessuno spieghi fino in fondo come sia possibile che il marciume del quale vorremmo liberarci sia così grande da un lato, stando soprattutto alle dichiarazioni di giudici e inquirenti, e così piccolo dall’altro, davanti a un andamento che troppe volte si somiglia, e che pare più voler restare attaccato a qualche capro espiatorio, non per questo innocente, sia ben chiaro, piuttosto che andare fino in fondo, senza scoprirla tutta, la verità, ci mancherebbe, ma almeno scuotendolo sul serio, questo castello pallonaro dove tutti hanno accesso, ma nessuno conosce.

Proprio Pierre de Cubertin ha detto “Tutti gli sport per tutta la gente”. Appunto, qui manca il tutto, troppo spesso risolto col niente.

 

Sebastiano Di Paolo, alias Elio Goka

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