A Muralha Santista, chi è il portiere del Napoli del futuro

Rafael NapoliIl volo più lungo. Come balzare da un palo all’altro del mondo. Da San Paolo a Milano e da lì a Verona, per arrampicarsi sui monti di Dimaro e prendersi il Napoli. Bloccarlo, farlo suo per i prossimi cinque anni di contratto. Rafael Cabral Barbosa, Rafael e basta per l’almanacco. Sta arrivando “o goleiro”. Visite mediche, firma e annuncio. Dodici ore di viaggio. Il jat lag da smaltire peggio di un tiro mancino. Nel bagaglio, i sogni e la voglia di Napoli per reprimere già la nostalgia. “Sono felice. Vado in una grande società. Giocare la Champions sarà fantastico, voglio vincerla”. L’addio al Santos una caipirinha di nostalgia e orgoglio. Saluti, baci, lacrimucce a stento trattenute e chissà quanti altri pensieri chiudendo la porta, lasciando il Santos, là dove Rafael è cresciuto e s’è fatto grande, là dove per tutti era ormai “a muralha”, il muro. Rafael Cabral Barbosa. Storia di un campioncino con le stimmate da gran portiere sotto i guanti. Cominciò ragazzetto col futsal, il calcio a 5. I compagni accarezzavano il pallone con la suola, lui parava. Lo prende il San Paolo, gioca col Korea. Poi va al Bahia e dopo al Santos. E gioca, conquista la nazionale, vince tutto.

RIGORI – La Libertadores alzata nel 2011 lo spot del suo talento. L’unico portiere a trionfare titolare a poco più di venti anni. Protagonista sempre, decisivo contro i messicani dell’America agli ottavi. I rigori la sua specialita’. Si muove lungo tutta la linea di porta. Sembra lasciare un angolo scoperto. Attira il pallone, si tuffa, spesso la prende. “Il regolamento me lo consente e io provo a mettere in difficoltà chi tira”. Con l’amico Neymar sfide e schemi: gli Holly e Benji brasiliani. Scommesse e risate in allenamento tirando e parando i rigori; lancio lungo e via come una scheggia nelle partite. Rafael tutto da conoscere. Mani grandi e soprattutto spalle grosse. La vita, una traiettoria beffarda. La mamma morì che aveva 13 anni. Gli mandava i baci dalla curva, si ritrovò solo. Sofferenze, disagi, difficoltà economiche. Il papà ha lavorato duro. Sognava di fare il calciatore, ha invece tirato su un portiere. Per tutti, in Brasile, è l’erede di Julio Cesar: quando si dice il destino. “E’ un gran complimento. Io sono giovane. E do sempre il massimo per meritarmi la fiducia dell’allenatore”. Rafa Benitez l’ha già chiamato. Fondamentale per fargli scegliere il Napoli. Xavi Valero, il preparatore, l’aspetta. Di Rafael ha stima e conosce tutto. L’ha osservato, ne ha benedetto l’acquisto, ora l’allena: secondo in partenza, già immaginato primo all’arrivo. E’ solo questione di tempo, il percorso è tracciato. Per ora, per quest’anno, sta dietro e cresce. Ma il futuro è suo. Costo cinque milioni.

STUDIOSO – Uno e ottantasei d’altezza, un chilo e qualche grammo a centimetro. Fisicamente tosto, reattivo, sa stare tra i pali. E poi ha personalità, ha la testa. Studente di scienze motorie, legge testi sacri. E’ atleta di Cristo. La prima volta in Italia fu nel 2008. Vinse col Santos un torneo a Torino. Parò due rigori in semifinale e battè il River Plate in finale. Nel girone di qualificazione arrivò davanti alla Juve. C’è già riuscito, può ripetersi.

Fonte: Il Corriere dello Sport

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