Insigne, cosa significa essere giovani a Napoli

Ma poi sarà vero che la gioventù parla la stessa lingua, aggirando le latitudini, boicottando i luoghi?
La maggior parte dell’opinione pubblica ritiene la gioventù una categoria universale espletantesi ovunque con gli stessi crismi e caratteri, una sorta di stampo che fabbrica senza distinzioni, una struttura fissa che può essere raccontata e capita al di là del tempo e dello spazio contingente.
Non credo sia così, non sono così “ricettivo” da tenere dietro a questi assunti che appiattiscono e mortificano la peculiarità, l’eccezione, il dato ribelle che spaventa e insieme affascina.

Non c’è soggetto che meglio esemplifica questo assunto di singolarità più di Lorenzo Insigne. Lorenzo ha le caratteristiche necessarie per prestarsi a questo studio: è un calciatore, è napoletano, è un giocatore. Non vi preoccupate, non ho fatto confusione, io intendo giocatore non in quanto sinonimo popolare di calciatore, ma proprio in quanto giocatore nel suo senso pieno.
Giocatore è colui che accetta il gioco, e nel gioco si promette di rischiare, di darsi tutto, fino a mettere sul tavolo se stesso.
I napoletani sono giocatori, e ancor di più lo sono i napoletani giovani. Lorenzo sa che essere giovani a Napoli è partire con una zavorra sulle spalle, sa che Napoli è una congestione di volti e di storie, e che per farsi riconoscere bisogna lavorare e soffrire il triplo; sa che per uscire dal freddo anonimato che consegna all’indifferenza della storia bisogna graffiare, spiazzare, essere fuori dall’ordinario.

Il vantaggio dei giovani napoletani è che sono sospesi tra il tracollo e il trionfo, la loro propensione al gioco o li perde o li santifica. I giovani di altri luoghi sono invece lindi e al coperto; loro, la vita, la scoprono con il navigatore, l’amore imparano a farlo a casa dei genitori fuori per il teatro. Lorenzo magari ha imparato le strade perdendosi, magari ha fatto l’amore esposto ai pericoli di una strada che inquieta. Lorenzo ha negli occhi la vita e l’innocenza di chi ha assaggiato la vita senza le spezie, senza il coppiere che assaggia per primo.
Insigne è giovane e napoletano, e ha talento. Non il talento solito, di chi sa toccare la palla e mandare gambe all’aria gli avversari. Il talento di Lorenzo sta nel suo presentarsi alla vita così come si presenta sul campo. Perché Lui non ha maschere, non ha avuto il tempo di fabbricarsele, sa che in mezzo alla folla delle città napoletane il solo volto che paga è quello che si ha.
Giovane e napoletano, Insigne è il grido della periferia che sa ancora esserci, che sa ancora spintonare per farsi largo, è a suo modo un simbolo ancestrale di una città che partorisce, abbandona e riabbraccia commossa i suoi figli.

Carlo Lettera
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