Anche il nuoto si tinge di nero: è morto Dale Oen

La lista delle sconcertanti morti correlate al mondo dello sport si allunga ancora, aggiungendo, al suddetto raccapricciante elenco, il nome del norvegese Alexander Dale Oen: 25 anni, nuotatore, uno dei più grandi ranisti di sempre.

L’atleta, deceduto in seguito ad un infarto fulminante, è stato ritrovato privo di sensi sul pavimento della piscina nella quale si stava allenando, a Flagstaff, in Arizona, in vista delle prossime Olimpiadi di Londra.

Tutti i tentativi di rianimarlo si sono rivelati vani, tant’è vero che alla portavoce dell’ospedale locale, Sara Collins, è toccato solo adempiere all’onere di decretarne la morte.

Medaglia d’oro nei 100 metri rana ai Mondiali di Shangai, medaglia d’argento alle Olimpiadi di Pechino, Oen era stimato essere il favorito per le ormai incombenti Olimpiadi di Londra.

Morte assurda, sconcertante, inspiegabile.

L’ennesima.

L’allarmismo, a questo punto, può essere lecito?

Il numero cospicuo di decessi che, di recente, si sta riscontrando nell’ambito sportivo, non può essere giustificato e catalogato sotto la riduttiva voce “tragica fatalità”.

Non appare né ammissibile né concepibile.

Non più.

Diventa avvilente, frustrante, scoraggiante, ritrovarsi così frequentemente a dover raccontare la storia dell’ennesima giovane vita strozzata mentre cerca di afferrare il suo sogno di gloria.

Che accada mentre si calcia o si schiaccia un pallone, piuttosto che nuotando in una vasca, la sostanza non cambia, né diverso è lo stato d’animo che accompagna una simile notizia.

Si fatica e tanto a trovare delle parole consone ed appropriate alla tragicità del momento.

Per cui, il modo più giusto per rendere il doveroso tributo alla memoria di Dale Oen è ricordarlo attraverso le immagini che narrano la sua passione per il nuoto e rendono immortale il suo immenso talento, prosciugato troppo precocemente dall’abbraccio della morte.

Luciana Esposito

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