Napoli battuto con la sua stessa medicina. Adesso umiltà e testa bassa per continuare il cammino.

Era nell’aria. Troppo ottimismo alla vigilia della trasferta di Torino, troppo entusiasmo da parte di chi, non solo auspicava la vittoria azzurra allo Juventus Stadium ma già gongolava al solo pensiero che il Napoli potesse essere la prima squadra ad uscire dalla nuova tana bianconera con i tre punti nel sacco. 

Purtroppo sono stati fatti i conti senza l’oste, che ieri ieri sera ha presentato il salatissimo conto da pagare. Tre a zero, un risultato che non lascia spazio ad ulteriori interpretazioni. La Juventus ha dominato in lungo ed in largo ed ha sovrastato il Napoli sotto ogni aspetto, da quello fisico a quello tecnico-tattico e soprattutto sono stati messi in evidenza, una volta di più,  limiti tattici ma anche caratteriali che, prima di ieri, non si erano ancora mostrati.

Conte ha vinto il suo duello con Mazzarri battendolo con le armi che sovente hanno consentito al tecnico livornese di togliersi tante soddisfazioni sulla panchina azzurra. Grinta, agonismo, corsa e voglia di vincere; ingredienti di una ricetta vincente che la Juventus ha saputo dosare a meraviglia, e che il Napoli al contrario ha dimenticato per strada.
Troppe le incertezze dei calciatori, troppi i punti interrogativi enersi durante la gara e troppe le scelte apparse discutibili da parte di Mazzarri, scelte che hanno influito in maniera nettamente sul risultato finale.

Sono mancati tutti gli uomini migliori che per il Napoli, tradotto in soldoni, equivale a dire l’intero reparto offensivo. Cavani, Lavezzi ed Hamsik, tutti insieme, non hanno mai tirato verso la porta di Buffon, relegandolo a ruolo di spettatore non pagante.
Discutibile la posizione di Cavani che, come a Monaco di Baviera, giocava più da tornante sinistro che da punta centrale, Lavezzi è tornato ai suoi livelli e forse qualcosa di meno: il periodo di vacche grasse, quello dei 5 gol consecutivi, è già terminato ed il rendimento dell’argentino è ai minimi storici. Hamsik invece sta diventando sempre più “normale” perdendo l’efficacia in fase d’inserimento a favore di un lavoro di sacrificio che non gli appartiene e non è redditizio nè per lui nè per la squadra.

Ad esempio, ieri, lo slovacco era in marcatura a uomo su Pirlo, e la domanda è: Perchè Hamsik? Se era questa l’intenzione di Mazzarri, sarebbe stato più opportuno un calciatore come Dzemaili o come Gargano, ma Hamsik proprio no, ed infatti i risultati si sono visti. Un calciatore 

Ieri sera, inoltre, è andata in onda la terza puntata della gestione tragicomica dell’infortunio di Maggio. Per la terza volta di fila, il tornante vicentino si trova costretto a chiedere il cambio dopo nemmeno mezz’ora di gioco. Ma allora, se è così evidente che il calciatore non ha ancora assorbito l’infortunio, perchè rischiarlo in questo modo? Inoltre chi è reputato alla sua sostituzione non sta eccellendo; Zuniga e Dossena sono le antitesi dei giocatori ammirati lo scorso anno. Svogliati, arruffoni, deconcentrati, mai pericolosi in fase di spinta e poco sicuri in quella difensiva, in un sistema arretrato che ormai è da studio scientifico.

Anche ieri, infatti, la difesa ci ha messo tanto di suo per rendere la vita ancora più facile alla Juve. E’ sconcertante come sia possibile che ogni tiro da fermo della squadra avversaria equivalga più o meno ad un rigore ed è ancora più grottesco che da tre mesi a questa parte non sono stati trovati i rimedi giusti per evitare che tutto ciò accada.
Se sul primo gol ci si può  appellare alla sfortuna, nulla si può dire sugli altri due gol, ma con riserva. Vidal ha fatto un grandissimo gol, ma Campagnaro è diventato un cliente troppo facile per chiunque. Due, tre finte sono bastate per mandare in tilt l’italo-argentino, sempre più lontano parente del guerriero d’acciaio che era solo pochi mesi fa. Anche Cannavaro ed Aronica poi  sono stati attirati nel vortice ed il gol, di Quagliarella, la vendetta dell’ex, è l’emblema di una difesa completamente alla deriva, denudata dalla mancanza di un filtro a centrocampo che Mazzarri ha provveduto a disatrare togliendo Inler per inserire Pandev, spostando il già impalpabile Hamsik a centrocampo regalando, di fatto, la partita ai bianconeri che viaggiavano sulla spinta di un incontenibile Vidal, assolutamente il migliore in campo.

Analizzando i lati positivi, possiamo dire che paradossalmente il Napoli, seppur giocando male ed essendo atleticamente scarico, è sempre lì, con la Lazio nel mirino ed in compagnia dell’Udinese. Se il Napoli piange, Lazio e Udinese non ridono, così come invece può fare la Roma, unica squadra che ha approfittato del triplo passo falso delle tre sopraccitate.
E’ lapalissiano come adesso la trasferta di Roma sia diventata vitale per le sorti del campionato del Napoli. Vincere all’Olimpico significherebbe agganciare il terzo posto e giocarselo fino alla fine con la stessa Lazio, l’Udinese e la Roma. Perdere invece chiuderebbe quasi sicuramente le porte dell’ingresso in Champions League.
Sarebbe un peccato, perchè la mediocrità del campionato italiano sta permettendo al Napoli di rimanere agganciato alle posizioni di vertice nonostante uno stato di forma prossimo allo scadente. Giocare le prossime partite come quella contro la Juve è un ipotesi da non prendere in considerazioni se non in caso di autolesionismo estremo. Mazzarri deve avere la personalità per cambiare chi, adesso, non riesce a dare il 100%. Dentro chi sta meglio e non chi è nelle grazie del mister che dovrebbe metter un pò da parte il suo ego smisurato e pensare al buon proseguimento della stagione che potrebbe ancora regalare delle soddisfazioni.

Il Napoli dovrebbe ripartire da Pandev, da Fernandez, da Dzemaili, giocatori che adesso rappresentano molto di più di una valida alternativa ai cosiddetti “titolarissimi”. E’ giusto che le gerarchie vadano rivisitate per evitare una nuova Juventus v Napoli; una volta sola è già troppo, e se succede contro la Juventus diventa un incubo. Risvegliamoci dunque. All’Olimpico per il terzo posto. Si può fare, cancellando Torino.

  

 

 

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