Cannavaro: “La sigla della Champions al San Paolo è un’emozione esplosiva. Sappiamo reagire ad ogni problema. Mi piacerebbe raccontare la vittoria in Champions”

Veste la maglia della sua città e ne è capitano da anni. La sta conducendo nei piani alti della classifica di serie A e nell’olimpo del calcio europeo ma sulle sue spalle ha un cognome che pesa come un macigno grazie (o portruppo) ad un fratello che ha vinto tutto nella vita. Parliamo di Paolo Cannavaro difensore e capitano di questo Napoli che sta facendo sognare i suoi tifosi e che mercoledì affronterà il Chelsea a Stamford Bridge per provare a scrivere una nuova pagina di storia azzurra. Il paragone con Fabio si farà sempre ma a lui non sembra turbarlo. Paolo Cannavaro si è raccontato al Direttore del Guerin Sportivo Matteo Marani sul numero di aprile del guerino. Vi proponiamo alcuni stralci dell’intervista.

A Fabio è mancata la Champions tu potresti farcela.
“E’ vero Fabio non ha vinto solo quella. (…) Per me è il primo anno, ma sentire quella sigla della Champions suonata dentro al San Paolo è un’emozione esplosiva, inspiegabile”.

In questi anni sei stato testimone privilegiato di una grande e costante crescita del Napoli. La racconti vista da Castel Volturno?
“Io credo che il segreto sia il rapporto di questo gruppo con le difficoltà. (…) E’ un gruppo che sa reagire davanti al problema sempre e comunque”.

Assomiglia molto al suo allenatore in maniche di camicia quando il termometro è basso.
“E’ così. La squadra ha molto dello spirito di Mazzarri, della tenacia e della determinazione che infonde lui. Ci ha migliorati tutti, dal primo all’ultimo. Ma non è solo carattere, forza e grinta, è anche organizzazione di gioco. La nostra fase difensiva è perfetta e i primi a coprire sono Hamsik, Cavani e Lavezzi”.

Iniziamo a parlare di Hamsik?
“E’ quello che più mi porta via l’occhio in allenamento. Mi fermo e lo guardo ammirato. Ha una capacità di rendere elementare le giocate sopraffine. Pare tutto facile nei suoi piedi, tutto semplice. In questo lo avvicino a Kakà”.

Lavezzi?
“Estro puro, in tutto e per tutto. Dal campo alla vita. Uno che parte ed è finita”.

Cavani?
“Non ti perdona. Mai.  Ha cattiveria anche in allenamento. Poi fa la doccia, si cambia ed è la persona più mite e riservata del mondo”.

Dovessi scegliere un solo fuoriclasse?
“Torno a prima: Mazzarri. Perché ci ha trasmesso la mentalità vincente, da grande squadra”.

Si parla sempre dell’attacco stellare del Napoli, pochissimo della difesa.
“E raramente bene, lo so. L’anno scorso siamo stati la seconda migliore retroguardia della Serie A, ma nemmeno questo basta. Prendiamo due gol e subito scrivono che occorrono rinforzi. Poi vai a vedere e il blocco resta suppergiù sempre lo stesso. Vabbuò è la maledizione dell’essere difensore”.

(…) A maggio ci sarebbe la finale di Monaco di Baviera. Chiudi gli occhi e sogna.
“Mi vedo fra trent’anni come uno degli eroi che compirono quell’impresa, la più grande dopo gli scudetti di Maradona. Tra la gratitudine della mia gente”.

 La metti sempre sul sentimentale
“Questa è una città che ti gratifica più di qualunque altra. Oggi sento dire che l’unica cosa che funziona a Napoli è il Napoli. Hai un motivo per lottare, anche per il mare di problemi che la gente comune ha da queste parti”.

(…) Resterai a vivere a Napoli una volta finita la carriera?
“Si e vorrei lavorare nel Napoli calcio. Mi piace stare con i ragazzi, per la mia storia sono sicuro che li potrei aiutare a non farsi risucchiare dalla strada. Sarebbe il mio sogno più bello insieme alla Champions”.

di Matteo Marani

Fonte: Guerin Sportivo
 

 

 

 

 

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