Robert Del Naja (Massive Attack): “Tifo Napoli per colpa di mio padre. Ero allo stadio contro il Cittadella. Il mio eroe è Toledo. Credo ai quarti di Champions”

Che il Napoli sia una passione che travalica ogni confine è cosa risaputa. Che i massimi esponenti del Napoli all’estero siano generazioni di emigranti è una cosa scontata ma che uno degli artisti più importanti del panorama musicale internazionale, figlio di emigrante, possa tifare Napoli attira l’attenzione. Stiamo parlando di Robert Del Naja fondatore e cantante del gruppo dei Massive Attack che non ha mai nascosto il suo tifo per il Napoli tramandato dal suo papà “Tutta colpa di mio padre, emigrante napoletano che all’inizio degli anni ’60 si imbarcò su una nave diretta a Brighton per cercare lavoro per poi aprirsi un pub(…)”. Del Naja, insieme ad un suo amico, era a Napoli per la partita Napoli-Chelsea con in tasca due biglietti per il settore distinti ed è stato intervistato da Matteo Patrono per Il Manifesto in un ristorantino sul lungomare di Pozzuoli dove Robert, e il suo amico James Lavelle, si sono rintanati prima di raggiungere il San Paolo.

Allora Massive Attack in curva B come Nino D’Angelo. Vuoi dare qualche spiegazione?
“Tutta colpa di mio padre, emigrante napoletano che negli anni ’60 si imbarcò su una nave diretta a Brighton per cercare lavoro e poi finì ad aprire un pub a Bristol. Sono nato nel ’66, quando l’Inghilterra vinse la sua prima Coppa del Mondo, il calcio straniero, telesivamente parlando, non esisteva.(…) Tutto quello che sapevo del Napoli da bambino era ciò che leggevo sui giornali e quello che mi raccontava mio padre. A 4 anni mi portò allo stadio di Caserta a vedere un’amichevole degli azzurri e a dieci ero sugli spalti a tifare Bristol City , che poi fallì nel 1982(…). Ci volle Maradona per rianimare la mia passione anche se a un certo punto ho temuto di aver trasmesso il mio charme porta-sfiga pure al Ciuccio. Nel 1991 decisi che era ora di vedere Diego dal vivo; acquistai i biglietti per Napoli-Inter e nel giro di un paio d’ore sentii alla radio che Maradona era risultato positivo alla cocaina durante un controllo anti-doping: sospeso, squalificato, arrestato, una catastrofe. Mi consolai con la sua riserva, il piccolo grande Zola, e con Careca. Ancora ricordo il coro. Care-Care-Care, tira la bomba, tira la bomba”.

Robert tu frequentavi assiduamente il San Paolo già nel 2004 quando il Napoli era appeno stato retrocesso per bancarotta.
“Il fottuto fantasma della bancarotta ancora lui. La squadra era fallita in estate ed era stata ricostruita in poche settimane per ripartire dalla serie C1, i giocatori neanche si conoscevano. Alla prima di campionato. contro il Cittadella, stavo lì insieme ad altri 51 mila innamorati. Un senso di libertà assoluta. la nostra storia era stata sepolta e si ripartiva da zero. (…) C’era un brasiliano improbabile con la maglia numero sette, Robson Toledo. Il mio supereroe”.

Da Toledo a Lavezzi, il Napoli ha fatto un bel salto nella sua storia recente.
“Insieme a Hamsik, Lavezzi ha cambiato facci a questa squadra. Hamsik è classe pura, Lavezzi è magia. Poi c’è Cavani che segna più di tutti ma il Pocho è il mio preferitoperché nelle smorfie del suo volto c’è tutto il pubblico napoletano. Quando fa gol, quando urla, quando si dispera, è la maschera dello stadio intero, quello che meglio di tutto sintetizza lo spirito della gente napoletana che viene allo stadio per vedere lui quando è in stato di grazia, per novanta minuti Lavezzi ti cambia la vita. Un pò quello che era Maradona venti anni fa, con tutto il rispetto per un paragone che forse suona vagamente blasfemo”.

Che sound ha il gioco del Napoli?
Quando giochiamo bene facciamo proprio un bel rumore, sembriamo il ringhio di un tagliaerba che lentamente falcia il prato. La chiave del nostro gioco è il centrocampo, quando funziona quello siamo fortissimi perché sono Gargano e Inler che garantiscono la libertà di movimento ai tre tenori lì davanti. L’unica cosa che rimprovero a Mazzarri è sta benedetta difesa a tre che ci costa un uomo a centrocampo e il contropiede come credo supremo. Io preferirei un bel 4-3-3″.

Allo stadio canti pure tu “O’surdato ‘nnammurato” la canzone inno dei tifosi del Napoli?
“Ci provo ma ancora non ho imparato bene le parole. Il teso è da mesi lo screensaver del mio computer. Mi piace quando le squadre scelgono una vera canzone anziché un inno generico. Penso a You’ll never walk alone cantata dalla Kop dei tifosi del Liverpool. Ecco O’sorduto ‘nnammurato  mi fa lo stesso effetto. I tifosi sono la colonna sonora di una partita, senza i cori è come vedere un film muto”.

Robert tra i tuoi cimeli c’è una vecchia maglia del Napoli che ti ha regalato Noel Gallagher, ex chitarrista degli Oasis, tifosissimo del Manchester City.
“Cazzo, un vero pezzo d’antiquariato degno del peggior inverno scozzese, pura lana vergine. E’rossa con la scritta Mars sul davanti. Risale alla fine degli anni ottanta. Noel me la portò di ritorno da un viaggio a Capri nel ’94. L’ho messa quando abbiamo eliminato il City qualche mese fa, lui era in tour e l’ho preso in giro ben bene. Lui mi ha risposto che se ne fotte, loro c’hanno gli sceicchi e Balotelli”.

Damon Albarn (cantante dei Blur e dei Gorillaz) è un gran tifoso del Chelsea ed è un tuo amico. Vedrete la partita insieme mercoledì a Londra?
“Doveva venire a Napoli con noi ma poi si è fatto incastrare dai Brit awards. So che sta ancora cercando un biglietto per mercoledì, vediamo se la Emi gli mette a disposizione un palchetto super lusso a Stamford Bridge e poi ci imbuchiamo tutti vestiti d’azzurro.  Sarà una partitaccia il licenziamento di Villas Boas ha dato una scossa agli ammutinati dei Blues. Noi per passare dovremmo segnare almeno un gol”.

di Matteo Patrono

Fonte: Alias (supplemento de Il Manifesto)

 

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