Il punto: messi via i guanti bianchi, olio di gomito per sciorinare una prova di carattere

Una prova che non t’aspetti quella degli azzurri. Impadronitisi di una forma caratteriale che non gli appartiene, gli uomini di Mazzarri mettono al loro posto gli equilibri psicofisici per decretare una delle partite più concrete del campionato, seppur a tratti anonima e piena zeppa di svarioni e amnesie brutte a vedersi. Ciò che interessava stasera erano i tre punti, poco importa come siano arrivati. Prova emblematica quella di Gianluca Grava, artigiano azzurro, “faticatore” d’area, baluardo ripescato dopo mesi, sempre pronto e puntuale nelle chiusure e negli interventi risolutori. E’ lo specchio di un Napoli dedito al sacrificio, messe da parte le giocate di fino per proporre un calcio essenziale, pratico e cinico quanto basta per portare a casa la vittoria con due calci da fermo e poco più. Bene tutta la difea comunque, con le buone prove di Britos, fisico e determinante in fase realizzativa, ancora troppo impreciso e impaziente quando si tratta di chiudere con semplicità ed eleganza. Non ci convince, nonostante i pareri positivi di molti, compreso Mazzarri, la prova di Inler. Velocità e rapidità di manovra sono ancora concetti lontani dal bagaglio umano dello svizzero, che si perde con troppa facilità in giocate arruffone e appoggi sbagliati. E’ pur vero che stasera è parso più convinto nei propri mezzi per cui è riuscito a reagire bene, sfruttando anche la fragilità di un centrocampo veronese al di fuorì della manovra, con Bradley ed Hetemaj in serata negativa. Ancora più che positiva la prova di Cavani, scaltro e agile come sempre, l’unico attaccante mobile per davvero, a differenza di Lavezzi riesce a farlo senza palla e questo crea gli spazi necessari per tendere le maglie gialloblù, creando non pochi grattacapi ad Andreolli & company. Unico neo della serata è quell’infortunio proprio sul finale di gara per il gioiellino Vargas, sfortunato quanto ingiudicabile, che avrebbe forse dovuto fare ingresso in campo qualche minuto prima. Da segnalare anche la partita di spessore di Zuniga, alter ego di una squadra necessariamente alla ricerca di un jolly tuttofare come lo è il colombiano, utilissimo in chiave offensiva, molto migliorato quando deve ripiegare per dare una mano in difesa. E’ l’uomo in più di questo Napoli sfibrato e vincente, capace di tenere troppo lontano l’un l’altro i reparti (centrocampo e attacco lontani un miglio in troppe occasioni) e troppo spesso non idoneo nell’accompagnare la manovra, lasciando per strada molte ripartenze, un tempo arma letale di questi ragazzi. Ad ogni modo, riprende il cammino dei partenopei,che si riportano sotto la Roma, sconfitta a Siena, e, di conseguenza si mette a tre punti dall’Inter di Ranieri, in profonda crisi e sull’orlo di una crisi di identità. E cominciato il momento che può essere definito “del ritrovarsi”, quei momenti in cui incontri il fantasma di te stesso che ti giudica e ti mette in di fronte alla mera realtà, per tentare di far nascere dentro di te quella rabbia figlia degli exploit che possono capovolgere l’esito di una stagione. Sfruttando anche quel pizzico di buona sorte, che ti permette di non allontanarti dalle altre, causa sconfitte inaspettate delle squadre che precedono, diamo un caloroso bentornato alla vittoria. Che sia il principio della scalata decisiva per fare ingresso nel “gruppetto d’oro”, quello per cui un campionato vale la pena d’esser vissuto.

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