Un proiettile che perfora la testa, ma non uccide la passione per il calcio: l’incredibile storia di Salvador Cabanas

 “Abbiamo i soldi per andare avanti sino a dicembre, poi non avremo neanche da mangiare”.

Questa dichiarazione non è stata rilasciata da una donna “qualsiasi”, una delle “nostre”, sdegnata e ridotta al lastrico dai mali che affliggono il nostro Paese, ma dalla moglie di un calciatore. Impossibile, assurdo, impensabile, incredibile, per noi che siamo abituati ad immaginare il mondo fatato delle “signore del calcio e dei loro partner” come avulso da problemi simili. A loro di sicuro i soldi non mancano mai.

Eppure non è sempre così. Non per tutti, almeno.

La storia di Maria Alonso, ma ancor di più, quella di suo marito Salvador Cabanas, sembra estrapolata da un romanzo d’appendice, invece, è solo una paradossale conferma della teoria “la realtà a volte supera l’immaginazione.”  

Salvador è un calciatore paraguaiano che gioca nel club America di Città del Messico quando, il 25 gennaio 2010, in un bar della stessa città, è coinvolto in un aggressione che culmina con un proiettile che gli perfora la testa. Secondo gli inquirenti, Cabanas sarebbe stato vittima della vendetta di un boss locale, detto “El Coqui”, molto geloso delle attenzioni che il calciatore riservava ad un’amica, l’attrice Areth Teran. Per questo il boss, in carcere, ma comunque molto influente, avrebbe impartito a due killer l’ordine di sparare al calciatore.

Cabanas è operato d’urgenza, l’intervento riesce perfettamente, anche se la pallottola non viene rimossa. Non solo per la sua complicata e delicata ubicazione, nella parte posteriore del cranio, ma principalmente per l’ eccessiva pericolosità insita nell’intervento stesso. Attualmente la possibilità che il proiettile si muova è pressoché inesistente, ma, in tal senso, è dirimente il verdetto clinico del neurochirurgo.

Il club messicano in cui il calciatore militava nel periodo dello sventurato accaduto, lo scarica rescindendo unilateralmente il contratto e asserendo che l’incidente è avvenuto in circostanze e ragioni extracalcistiche.

Non ci sta la signora Cabanas.

Non è disposta a starsene a guardare in silenzio, mentre la società infligge a suo marito un altro colpo di umana brutalità che di umano ha ben poco e che sta stretto nell’ aggettivo brutale.

Così Maria, attraverso una radio locale, lancia gravi accuse alla società  America di Città del Messico: Innanzitutto non ci hanno pagato le costose spese per la riabilitazione, come promesso. Poi hanno rescisso il contratto, in vigore fino al 2012. Hanno trattato Salvador come un pacco di caramelle vuoto, non serve più, quindi lo hanno gettato nel cestino. Le cure ci hanno ridotto sul lastrico. Alcuni amici si sono offerti di aiutarlo, ma Salvador ha rifiutato. Non vuole elemosina da nessuno.”

Ma, ciò nonostante, Salvador non scarica il calcio. La sua passione per questo sport non è stata assassinata da quella pallottola. Ancor meno la sua incredibile e fiera forza di volontà.

Nel febbraio 2011 comincia il programma di riabilitazione iniziando ad allenarsi con i connazionali del Libertad.

Il 10 agosto 2011 è tornato in campo, disputando uno spezzone della partita amichevole tra Paraguay e il suo ex club, l’America, non nascondendo, anzi, dichiarando con fermezza e determinazione la sua voglia di tornare a giocare con una squadra professionistica.

Proprio in questi giorni, Maria Alonso ha rilasciato un’altra intervista al giornale messicano “Reforma”, dal contenuto ben più gioioso.

La donna ha infatti annunciato  che Salvador ritornerà a giocare a calcio con un contratto che lo legherà per un anno al club paraguayano 12 de Octubre, squadra con la quale ha iniziato la sua carriera da professionista, circa un decennio fa: ” Il medico ha dato il via libera a Salvador e per questo motivo ritorna al calcio. E’ sua intenzione fare un passo alla volta, ma siamo molto contenti che gli abbiano dato questa opportunità. Salvador ha sempre sognato di ritornare sui campi da gioco e credo che Dio continua a lavorare per lui, facendo il miracolo di accontentarlo.”

Salinas, Presidente del 12 de Octubre accoglie con queste parole il calciatore: Salvador ha scelto il suo primo amore per tornare a giocare a calcio. Questa è stata sempre la sua casa, per questo motivo ha scelto il ’12 de Octubre’, lui sente che questa è la sua famiglia. Gli ho sempre detto che quando sarebbe tornato a giocare a calcio da noi avrebbe avuto le porte aperte.

Come spesso avviene nei racconti partoriti dalla fervida fantasia di un narratore, ad un “cattivo” si contrappone un “buono” e il protagonista dopo mille peripezie riesce sempre a coronare il suo sogno e raggiungere il traguardo desiderato e un’eroina, pronto a sostenerlo e ad aiutarlo nell’ardua impresa, è sempre ben accetta.

E vissero per sempre felici e contenti” è, indubbiamente, il miglior finale auspicabile per questa favola surreale, per quanto reale, partorita dalla cronaca moderna. 

Luciana Esposito

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