Un, due, tre…via!

La prima ce l’hanno negata con uno sciopero d’èlite, la seconda ci ha visto debuttare con una bella vittoria a Cesena, ma finalmente la terza è stata quella buona. La nostra prima partita di campionato al San Paolo. Non una partita qualunque. Il nostro avversario non è un avversario qualunque. Il nostro avversario si chiama Milan. Che per quanto mi riguarda non è soltanto un squadra di calcio.

Abbiamo ancora in circolo l’esaltazione, non condivisa da tutti, soprattutto da qualche amico juventino (come biasimarli?!),  per Manchester e per il punto preso con un ottimo gioco. Ne parliamo ancora come se fossimo tornati ieri. E invece sono già passati…tre giorni e dobbiamo  fare i conti con chi è invece reduce da un altro pareggio in Champion’s. Con il Barcellona e non giocando proprio bene. C’è chi investe la gara di stasera di un’importanza che sembra, questa sì, esagerata. Non è sfida scudetto. O almeno scaramanticamente diciamo così. Anche se, col senno di poi, lo speriamo.

La domenica corre via veloce tra una partita in piscina a Bergamo, un ko del portiere giallorosso con Lucio che confonde testa e pallone e una serie di sfide senza sorprese particolari. Conte strappa tre punti a una sua ex, l’Udinese continua a segnare con una facilità impressionante, Giovinco va in doppietta e poi  va via prima temendo che qualcuno gli soffi la doccia più bella. Abbiamo visto un brutto infortunio di Gilardino con una telecamera impietosa spiaccicatagli sul viso sofferente, un Lazio-Genoa al primo tempo e un Lazio-Genoa al secondo. La prima con Klose da protagonista. La seconda con Klose-d appeso al collo.

Nessun sussulto. Tanta ansia. Subito dopo il fischio delle 16:45 o giù di lì, eravamo in auto diretti al San Paolo. Dicevano che avrebbero aperto i cancelli tre ore prima. Beh! Calcolando quel range di mezz’ora che siamo soliti dare noi napoletani. 17:30/18:00. Fila chilometrica fuori. A imbuto, ovviamente. E con chi cerca di infiltrarsi davanti, ovviamente. L’attesa ci dà l’occasione di riabbracciare i nostri compagni di curva già fuori i cancelli. Chi in una fila, chi nell’altra. E’ quasi una gara amichevole a chi entra prima. L’avevo quasi vinta, se non fosse stato per i tornelli elettronici rotti. Cominciamo bene.

Entriamo e probabilmente c’è chi ha fatto entrare i tifosi dal retro perché la curva è già piena! Scotch a delimitare quadrati di almeno venti posti ovunque, sciarpe stese su file intere. Il clima è ancora quello estivo… asciugamani stese in direzione sole per prendere il posto migliore in spiaggia. Poco male. Per fortuna c’è chi ci vuole bene e riesce a ricavarci posti abbastanza vicini. Siamo disposti su tre file, ma ci siamo. Il San Paolo è uno spettacolo come sempre.

La Champion’s è ancora nei discorsi, la prestazione di Aronica la fa da padrona. Ma soprattutto una domanda insistente e da più parti. “I chicchirichì??!!”. Beh! Questo caldo asfissiante, oltre ad aver messo alla prova tutti i deodoranti anti sudore o odore in commercio, ha sciolto tutti i chicchirichì in circolazione. Non li abbiamo. Facce disperate in giro. Mentre io spero di poter cominciare il mio racconto con “Nonostante l’assenza dei chicchirichì …” Speranze da tifosa o premonizione da veggente? Fate voi.

Si ride, si scherza, si mangia. Ma soprattutto si attende. E l’entrata degli azzurri è accolta con un boato anomalo perfino per il San Paolo. Soprattutto si tira un sospiro di sollievo quando si vede entrare il Pocho. Ci ha tenuto sulle spine, il disgraziato! Ma lo scugnizzo c’è. E si sente.

E poi LA partita. Il fischio d’inizio lo sentiamo alle 20:45, ma i nostri lo sentono dieci minuti dopo. Vorrebbero quasi protestare per il fatto che si cominci già dall’1-0 per gli avversari. Aquilani si ficca un dito in bocca e fa leggere qualcosa in telecamera. Pensiamo al fatto che segna ogni tre anni e probabilmente sulla maglia ha scritto “Ci vediamo nel 2014!”. Poco male. Il goal avverte il Napoli che la partita è cominciata anche senza di loro. Per fortuna riusciamo, secondo un Allegri evidentemente ancora stordito o ubriaco, a trovare il pari in maniera fortuita e ad avere un altro paio di occasioni concesse su piccole disattenzioni dei rossoneri in una partita che il Napoli ha giocato in dieci dietro la palla. Praticamente è come dire la crisi economica è solo uno stato psicologico degli italiani.

La verità è che siamo partiti malissimo, ma quando abbiamo cominciato a giocare non c’è stata storia. Ho visto Inler alzarsi il colletto della maglia quasi infastidito da un rossonero appeso all’azzurro a centrocampo che come un cane rabbioso cercava di fermarlo. Ho rivisto Mario Merola Cassano recitare un copione già visto di lamentele, infortuni inesistenti e mani in faccia da disperazione per decisioni giustissime dell’arbitro. La verità è che abbiamo un Cavani supersonico che ha deciso di abbandonare le farfalle e cominciare a collezionare palloni. La verità è che questo Napoli è consapevole delle proprie forze e gli ci vuole un po’ di tempo dal fischio d’inizio per rendersene conto, ma quando lo fa è micidiale.

La verità è che ieri in curva avevamo meno paura nel vedere Aronica in difesa e più fiducia nel vedere entrare le “riserve”.

La verità è che noi tifosi per fortuna non abbandoniamo mai l’ironia. Sfottò fin troppo scontato su Pato, compagna e suocero. Altrettanto scontata la voglia di vedere il primo goal al San Paolo di un Inler azzurro e non bianconero: su una punizione su cui si stava avventando un Gargano rinato arriva il consiglio di lasciarla allo svizzero da parte di un tifoso che grida: “Inlèr, ‘ngignalo!” . Mi scusino i non napoletani, se ce ne sono, ma la traduzione è impossibile. Ridete sulla fiducia.

Ieri in curva abbiamo avuto una “Napul’e mille culur’” e in tribuna dei tifosi d’eccezione che hanno portato fortuna al Napoli. Sperando che adesso Napoli ricambi e porti un po’ di fortuna a loro.

Tornando a casa c’era un entusiasmo che alla seconda di campionato potrebbe sembrare, come ha detto qualcuno nel post-Manchester, eccessivo, ma noi siamo così. La passione è un fuoco che i diavoli di ieri potevano solo alimentare. La passione è una bella malattia che non riesci e non vuoi controllare. La passione ti scioglie il sangue nelle vene. E questo è il vero miracolo che nessuno riuscirà mai a spiegare.

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