Benvenuti al Sud: quando la domenica si tinge d’azzurro.

Per la maggior parte degli italiani (o quasi) la domenica è un giorno in cui vale generalmente un’unica parola d’ordine: “relax”. Se ci concentriamo sui napoletani , probabilmente, le parole d’ordine cambiano e sono costituite per lo più da gesti che si ripetono, da riti, che toccano spesso corde sentimentali e che fanno parte della lista di tutte quelle cose che abbiamo contrassegnato col termine “passioni”. La domenica napoletana è quindi suddivisa da un ciclo di passioni. “‘O rraù” è quasi certamente la prima di queste. “’A sfugliatella” da consumare dopo il pranzo pomeridiano (e se rimane pure la sera dopo cena) è di sicuro la seconda di queste. “’A partita d’’o Napule” è parte di queste ma, è anche qualcosa in più. Qualcosa che unisce. Si attende con ansia il momento del fischio d’inizio e s’incomincia ad esprimere il proprio accordo/disaccordo sui convocati in campo, s’impreca per il gol mancato, si gioisce per quello segnato. Il tifoso azzurro lega le proprie passioni e quindi durante il primo tempo mangia il ragù, durante il secondo butta un occhio alla sfogliatella: per scaramanzia non la mangia, aspetta la fine perché sa che comunque avrà due buoni motivi per mangiarla: 1) per festeggiare in caso di vittoria; 2) per consolarsi in caso di un eventuale sconfitta.

Parlare di Napoli-Milan però è cosa assai più grande. Ci sono anni, anzi, secoli di rivalità geopolitiche. Persino nelle barzellette – “ci stava un milanese e un napoletano…”– si scherza sulle diversità di due popoli, sul loro modo opposto di vivere, appunto, le passioni. Azzurri-Rossoneri al San Paolo significa per gli avversari essere spaventati, forse, più dai 60 mila sugli spalti che dagli 11 in campo. Infine che Cavani esprima il desiderio di voler vincere lo scudetto e il presidente, potendo scegliere, la Champions, non importa. Il tifoso napoletano vive questo momento come la possibilità di riscatto, di rivincita contro quel senso d’inferiorità (non solo calcistico) che è convinto gli appartenga. E se a consolarlo non bastano le statistiche, sorride all’idea che domani è San Gennaro, e il miracolo magari, lui che può tutto, riesce a farlo la sera prima.      

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