Repubblica-Corbo: Dalla paura al coraggio, in stile italiano

Per capire il solito, timido inizio del Napoli, bisogna rileggere nella mente dei giocatori la vigilia. Mai così difficile, tesa, sofferta. Hanno confuso sogno e paura. Hanno vissuto nelle ultime ore la Champions come un incubo più che una conquista. Hanno ascoltato Mazzarri che spiegava loro le sue alchimie tattiche, caricandosi forse più di timori che di nozioni. Un colpo di luce l’ha dato solo Mancini, sembra un paradosso, rinnovando la difesa con una decisione last minute. Ha sostituito gli esterni: a destra l’argentino Zabaleta e a sinistra l’ex laziale Kolarov che si concederà anche un gol, per Richards e Clichy, che hanno forte vocazione offensiva. La scelta è interpretata come un cenno di rispetto del Manchester City, magari determinata dal rapporto dell’ex doriano Lombardo, spia di Mancini a Cesena sabato scorso.

Mancini ha pensato di esorcizzare gli esterni che producono gioco nel Napoli inserendo due dirimpettai più cauti, meglio attrezzati nella copertura. Sapeva bene di avere un altro limite nella coppia centrale, Kompany e Lescott, troppo compassati per uno squadrone agile e tecnico come il Manchester. Non sapeva però Mancini che anche Mazzarri stava per innestare un più complesso sistema di allarme, un nuovo congegno: fuori Dossena, dentro Zuniga a sorpresa sulla sinistra, Gargano, che corre e morde come non riesce a Dzemaili, schierato accanto a Inler.

I due mediani hanno una missione: prima Zuniga, poi Gargano devono intercettare il più insidioso degli avversari, lo spagnolo   Silva, mancino che parte da destra e taglia come una lama fino al versante opposto.

Addio quindi difesa a tre, gli esterni Maggio e Zuniga con la retromarcia sempre innestata, Cannavaro e Aronica in consorzio sulle orme di Dzeko attaccante solido, mobile e scaltro. Su Aguero si lancia subito Campagnaro, possente nella rapidità, molto efficace quindi. Inler, ripetitivo nel tentare tiri banali, ma attento davanti alla difesa, ha dovuto contenere l’altra generosa fonte di gioco inglese, Yaya Tourè, oltre a Silva. Il gigante d’ebano diventa il signore del centrocampo per un’ora, ma il Napoli trancia i collegamenti. Con affanno ma con crescente successo. Guadagna spazi, sicurezza, autostima.

Messo così, il Napoli ricorda le stoiche difese all’italiana. Ma anche l’Inter di Mourinho in quelle ruggenti finali. Della vecchia formula non ha dimenticato per fortuna il contropiede, spaventando a tratti e sempre con Lavezzi il Manchester, quel Lavezzi che Mancini ha confidato ieri di aver inserito nella lista trasmessa all’ufficio acquisti del presidente sceicco. Finendo poi per puntare sul connazionale Aguero. Ma proprio Lavezzi, caviglia colpita con durezza nel primo tempo, deve uscire nella ripresa. Proprio lui, che con la sua spregiudicata frenesia in contrattacco e una traversa aveva spesso fatto vibrare il ciuffo del placido Mancini.

Un infortunio che sembra segnare una nuova svolta tattica. Sembra. Perché Mazzarri eleva un’altra barricata: con Dzemaili, un centrocampista al posto dell’attaccante più pericoloso del Napoli. Scelta inelegante, direte. Retrodatata, pensatelo pure. Ma coerente. Dzemaili rafforza la protezione, accanto agli efficienti Inler e Gargano finalmente messi insieme dopo un’estate di imperdonabili sottovalutazioni ed equivoci. Non c’è più niente del modulo Napoli, ma la squadra ora più serena si illumina in un lampo di Cavani, che ritrova l’estro e mira, sul contropiede di Maggio che si ribella al dominio inglese.

Cavani è stato un protagonista. Peccato che sia rimasto per tutto il primo tempo fuori partita, quasi fosse stato bloccato con il flebile Hamsik alla dogana di Manchester. Si è notato solo per qualche incomprensione con Lavezzi. Un dettaglio da approfondire, ma non ora. Il Manchester restituisce al campionato un Napoli che forse ne sa una più del Diavolo. Capito, Milan?

Antonio Corbo

Fonte: La Repubblica

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