Nella buona e nella cattiva sorte…

Non è facile raccontare una sconfitta. Non lo è mai, soprattutto se è la prima volta da quando scrivo questa rubrica e ancor di più se si tratta di una partita temuta e importante per continuare a sognare. Ma è tutto vero, ognuno l’ha vissuta a modo suo. Io, anzi noi l’abbiamo vissuta così.

Domenica 17 ore 17 ci si avvia. E già dal giorno e dall’ora avremmo dovuto intuire qualcosa! Auto ai campetti di via Terracina già colmi. Fila lunga, ma veloce.  L’incontro con Carlo Alvino fuori ai cancelli ci ha fatto ben sperare.  Era già avvenuto prima di una vittoria tempo fa e questo ci ha illuso. La fortuna non ne ha avuta memoria, purtroppo. Approfitto per ricordarglielo pubblicamente, adesso, per la prossima volta.

Si gioca a risultato acquisito di tutti gli altri e animiamo il pre-partita con i consueti commenti: si parte dal Milan che non ha pietà di una Sampdoria sempre più nel baratro fino ad un Inter inguardabile che ci regala un sorriso beffardo, spuntato evidentemente troppo presto sui nostri volti tesi. Ci confessiamo a vicenda la speranza in un moto d’orgoglio della Samp che ovviamente rimpalliamo sul Brescia per la prossima gara. Le squadre che lottano per la salvezza un tempo erano temibili. Che il Brescia non ci smentisca. Ipotizziamo indicibili motivazioni sull’infortunio di Pato. Così giovane, probabilmente è provato dalle recenti frequentazioni femminili. Insinuazioni da stadio, nulla di più, si capisce! La Roma incassa dal Palermo tre reti, ma a tenere banco è il goal divorato da Vucinic a porta vuota. Perfino il Denis che conosciamo noi l’avrebbe segnato. Ripeto, quello che conosciamo noi. Non il clone che ha giocato CONTRO di noi. Quello che abbiamo acclamato a gran voce prima della partita e maledetto a voce ancora più alta alla fine. E, badate bene, non ci siamo pentiti. Né dell’acclamazione, né tanto meno della maledizione.

Una menzione particolare nei nostri deliranti discorsi del pre-partita ce l’ha il gran goal di Marcolini. Compiaciuti e soddisfatti, applaudiamo in differita. Ignari del fatto che  avremmo visto di lì a poco un altro capolavoro, proprio sotto la nostra curva. E non avremmo certo applaudito.

Mancano due ore al fischio d’inizio quando già cominciamo a stare stretti. Capiamo che per la sfida con l’Inter sarà ancora più difficile mantenere le nostre solite posizioni di battaglia e quindi concordiamo che avviarsi alle 17 è già tardi. Prevedo pre-partita molto più lunghi.

Intanto, non ci facciamo mancare il solito rito scaramantico con i chicchirichì. Questa volta abbiamo dovuto minacciare il salumiere per trovarli, ma sono con noi. Distribuiamo, cantiamo, brindiamo e gustiamo. Tutto secondo copione. Noi il nostro l’abbiamo fatto e siamo sicuri di questo. Oddio. Qualcosa in realtà è andato storto. Un jeans portafortuna che non è stato indossato. Per rispetto, non dirò da chi. Ma lungi da me cercare colpe che non esistono. Era scritto così e noi lo accettiamo. Prossima volta però controlleremo scrupolosamente l’abbigliamento prima di entrare!

La partita l’avete vista tutti. Sapete com’è finita. Evitatemi lo strazio di raccontare i  goal sprecati nel primo tempo, la loro supremazia a centrocampo, l’inevitabile e scontato “CORNUTO” gridato a Domizzi al suo primo fallo sul Matador, gli inutili e testardi affondi di Lavezzi contro il muro degli avversari. E non fatemi patire sofferenze atroci nel dover menzionare la magia di Inler con un tappeto rosso sotto i piedi steso dai nostri difensori, la sua non esultanza notata da tutti e commentata da “Chist’ ha firmat’!” subito seguita da un “E allo’ poteva evitare di metterla dentro!”. Come non dargli torto. Risparmiatemi il dolore del tradimento di un figliol prodigo (dissipatore di goal solo con noi!) che chiede quasi scusa agli spettatori ammutoliti. E qui ci poteva stare di nuovo “E allo’ poteva evitare di metterla dentro!”. E anche qui senza torto. E, ve ne prego, non obbligatemi a ricordare che di occasioni per rimetterla in sesto questa partita, nonostante tutto, le abbiamo avute: la traversa di Maggio, il rigore sbagliato con rissa ad hoc, i fischi (e non solo) rivolti ad un Armero inqualificabile e anti-sportivo, il goal di Mascara che ha acceso timidamente la speranza di un pareggio all’ultimo secondo. Ma c’è di fatto che sono stati più bravi, hanno letto meglio la partita, sono stati più cinici,  più veloci su tutti i palloni, alcune scelte di Mazzarri andavano riviste, un attacco non in vena di goal e il gioco è fatto.

Il San Paolo applaude ed incita a non mollare l’obiettivo Champions. La tifoseria napoletana ha sempre una marcia in più.

E la settimana prossima non ci resta che togliere la scena a qualcuno di più famoso e “resuscitare” anche noi, a Palermo.

Singolare la scelta di due sposi che hanno festeggiato il loro matrimonio, con tanto di abito nuziale e sciarpa del Napoli, in tribuna Nisida. Uniti e fedeli nella buona e nella cattiva sorte. Ma ovviamente mi chiedo: “Dovevano proprio cominciare dalla cattiva?!”

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