Ed io lo so perchè non resto a casa!

Non è stato facile trovarli. Non è stato per nulla facile averli nelle nostre mani. Ma ce l’abbiamo fatta. Ringraziamo le amicizie di Gino, gli emigranti che lavorano a Bologna e la loro disponibilità. Uno in particolare. Gennaro! Un nome, una garanzia per i miracoli!

La formazione è quella di Folgaria e di Liverpool. La voglia di divertirsi anche, al di là di tutto. Con me, ci sono, quindi, Maurizio e Gino.  Siamo approdati sotto la torre degli Asinelli sabato pomeriggio, ospitati da amici pugliesi, trasferitisi qui per diversi motivi e adottati ormai da anni dalla città bolognese. Siamo qui anche per loro, unire le passioni agli affetti e alle belle serate tra amici è il nostro motto in trasferta. E così è stato anche qui. Già il sabato sera tra una birretta e l’altra, notiamo un leggero accento partenopeo nelle strade, nei locali, nell’aria. Sapevamo di non essere soli. Anzi, sapevamo che ci sarebbe stata un’invasione di colore azzurro. Ma la sera prima abbiamo avuto solo un assaggio di quello che avremmo visto, non credendo ai nostri occhi, il giorno dopo.

Raggiungiamo lo stadio in autobus. Nel numero 20 cominciano a spuntare maglie azzurre che timide si fanno intravedere da sotto le cerniere delle felpe. Felpe che stonano con i quasi 30 gradi percepiti, ma che sono strategiche per nascondere quella che è praticamente una  seconda pelle. Invece, quando scendiamo alla fermata dello stadio ci rendiamo conto che forse è meglio far vedere chi siamo, che oggi a Bologna i colori rari sono il rosso e il blu, non certo l’azzurro. Ci guardiamo intorno. La sensazione è quella di una qualunque domenica di campionato al San Paolo. Tanta gente, tante sciarpe e maglie del Napoli, alcuni si fermano ai chioschi per mangiare qualcosa, lo facciamo anche noi; qualcuno cerca, chissà quanto ironicamente, un panino con i “friarielli”, qualcun altro commenta divertito  un tifoso del Bologna col volto coperto (chissà perché) regalandoci inconsapevole un pronostico “Questo si copre per non vedere i goal che gli diamo!”.

L’entrata allo stadio avviene senza sussulti, nessun controllo allo zaino, nessuna palpatina ai chicchirichì, trovati dopo varie peripezie, già sciolti per il caldo e distrutti per il viaggio, ma presenti! Un po’ di giri per trovare settore, fila e posto numerati.  Ma ci siamo. Ora possiamo sederci, intuire subire che sarà un’altra domenica a rischio insolazione e goderci lo spettacolo di uno stadio che per una volta, praticamente, non ha settore ospiti. O meglio, gli ospiti sembrano essere quei piccoli gruppi sparuti che vestiti di rossoblu si accomodano nella curva degli ultras bolognesi. Intorno a noi, solo tifosi del Napoli. Di accenti più disparati. Ma tifosi del Napoli. Bimbi nati e cresciuti in terra padana, ma da famiglie emigrate. Famiglie che sono riuscite a tramandare meticolosamente i valori essenziali dell’appartenenza. Quindi anche l’amore per quella che resta sempre e comunque la loro città. Padri orgogliosi  con figli vestiti rigorosamente con la maglia di Cavani, Hamsik o Lavezzi (e ne abbiamo vista anche una di Imbriani!). Figli che con perfetto accento nordico  chiedono ai papà durante il riscaldamento i nomi dei giocatori, per la prima volta visti da così vicino. Accanto a noi un napoletano trasferito a Milano. Dietro dei papà con bimbetti al seguito emigrati a Ferrara. Un altro ragazzo poco più in là da Modena. Insomma, basta veramente poco per capire che qui, adesso, tutti si sentono a casa, finalmente! E chiacchierando un po’ s’intuisce che questa squadra non gioca solo a calcio, ma rappresenta un piccolo riscatto in terra straniera.

In tutti i casi, nel nostro settore, distinti laterali, sembra di stare in curva al San Paolo: stessi tatuaggi, stessi torsi nudi, stessi cori, stesse pizze ripiene che passano sotto al naso, stesso rito scaramantico con i chicchirichì!

Certo, qualche sciarpa rossoblù s’intravede, ma chi arriva si guarda intorno esterrefatto e si siede al suo posticino cercando di socializzare con sorrisi e commenti scherzosi perché si rende subito conto di essere ospite in casa sua. Tranne uno. Un nonnetto coraggioso che arriva turandosi il naso e accerchiato da napoletani comincia con la trita e ritrita storia dei rifiuti “I sacchetti dove li avete messi? I sacchetti non li avete portati? Dove li avete messi?” Sicuramente manca di fantasia, lui. Noi no. E uno dei nostri tira fuori magicamente una busta di mozzarelle di bufala e dice “’O zi’! Tengo questo come sacchetto. Va bene lo stesso?!”. Da dove abbia preso quelle mozzarelle e perché le avesse portate allo stadio non è dato sapere. Ma la battuta è stata geniale e ha avuto fortunatamente l’effetto di smorzare i toni. Il nonno ha capito che le battute razziste e senza ironia non sarebbero state apprezzate, ha gridato un  “Forza Napoli” ed è tornato al suo cantuccio senza fiatare. Come diceva qualcuno “una risata vi seppellirà”.

La partita è stata esaltante nel risultato, poco nel complesso del gioco. Un regalino di Viviano aiuta Peppe Mascara a mettere dentro il suo primo goal in azzurro fuori casa ma con l’ovazione come quella del San Paolo.  Tutti felici per noi e per lui.  Sul secondo goal siamo stati tutti d’accordo che in realtà bisognava metterla dentro, ma poco male. Guadagniamo un rigore netto, per fortuna, senza polemiche e con Hamsik che non sbaglia.

Nota dolente i soliti cori razzisti che rispondevano ai nostri d’incitamento per la squadra. Il repertorio è stato abbastanza vasto: siamo passati da un tranquillo “Andate a lavorare” a un classico “Vesuvio, lavali col fuoco”. Nonostante sia ormai evidente che il nostro gigante è lì per proteggerci. E che il fuoco, noi,  l’abbiamo dentro. Ovviamente ci hanno tenuto a dire “noi non siamo napoletani”…mi pare evidente anche questo. Ma tutto il resto dello stadio ha cominciato a saltare cantando “Chi non salta bolognese è!” facendo notare che erano in pochi a non saltare e non era il caso di agitarsi tanto. E qui la loro risposta è stata veramente degna di applauso e, devo dire la verità, ci ha strappato anche un sorriso: “San Gennaro pezzo di m…”. Chissà se gli squalificano la curva per bestemmia. Conoscendolo, San Gennaro si sarà fatto una risata, dando una pacca sulla spalla al meno fortunato San Petronio.

La nostra trasferta bolognese è andata bene. Siamo tornati di notte, stanchi e felici. Non siamo riusciti a far segnare la Fiorentina con la forza de pensiero, ma va bene così. Ora c’è l’Udinese e dobbiamo continuare a lottare per la Champions.

Il nonno timidamente facinoroso è andato via senza aspettare il triplice fischio. Ma non prima di aver sentito l’ultima perla:“ ‘O zi’!Ce l’hai il sacchetto per portarti questi due palloni a casa?!” Per fortuna, almeno noi ci differenziamo.

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