Kvara svela: “È la prima cosa che ho pensato quando sono arrivato”

Una delle sorprese maggiori di questo inizio di campionato del Napoli ma anche di tutta la Serie A e forse addirittura del calcio europeo, è senza dubbio Khvicha Kvaratskhelia.

Dalla Georgia al Napoli: Kvara ha già conquistato tutti

Attaccante esterno classe 2001 proveniente dalla Georgia che, in sole 15 giornate di campionato e 6 di Champions League, ha fatto innamorare tutti i tifosi del Napoli a suon di ottime prestazioni e giocate d’alta classe.

Napoli Kvaratskhelia Serie A
Napoli Kvaratskhelia (Getty Images)

Giunto con l’arduo compito di sostituire Insigne, il giocatore non ha palesato alcuna difficoltà e, nonostante la forte pressione e curiosità che c’era su di lui, non si è fatto intimorire e ha immediatamente dato prova delle proprie qualità.

In particolare, dopo il suo approdo al Napoli, è stato girato anche un documentario sul georgiano da parte di Crocobet.

Parla Kvara: parole da brividi sul Napoli

Oltre al giocatore, sono stati intervistati diversi calciatori azzurri, tifosi ed è stata presentata, attraverso le immagini, anche la città di Napoli.

Kvara, documentario

Di seguito quanto evidenziato:

“La prima cosa che ho pensato quando sono arrivato qui è stata: questa città vive di calcio.

“Significa molto per me giocare nel Napoli, perchè è uno dei migliori club in Italia, soprattutto Maradona ha giocato qui. Se qualcuno l’avesse detto, non mi sarei reso conto che avrei potuto giocare lì. Sono cosi felice“.

Sui tifosi: “Mi incoraggiano molto, quando le persone mi vedono vogliono foto autografi e dicono parole affettuose.Prima di entrare nello spogliatoio la gente allo stadio sta in piedi e canta mentre stai passando ed in quel momento non hai nessun diritto a non mostrare il tuo meglio”.

“È una grande responsabilità ricevere cosi tanto amore. Sento di dover restituire tutto questo ai tifosi. Faccio di tutto per rendere felici queste persone”.

“Cammino raramente in città, non ci vado quasi mai. Queste persone sono innamorate di tutti i calciatori. Non importa quanti anni hai, che sia donna o uomo di 70 anni, di calcio sanno tutto”.

Sull’italiano: “Ho pochissimo tempo anche dopo l’allenamento non hai sempre la forza ma, appena posso, cado da una brava insegnante georgiana. Mi fa lezione online, ho già fatto quattro lezioni. So dire “Grazie e bene, tu?”.

Sulla routine giornaliera: “Mi alzo alle 8 di mattina, in 15 minuti sono al campo di allenamento. Come arrivo faccio colazione, le solite procedure e poi mi alleno”.

Rapporto con i social: “Non leggo i commenti sui social potrebbero influenzarmi, sono grato alle persone che mi supportano. I commenti negativi li uso per motivarmi, quando li leggo vorrei subito andare allo stadio per giocare”.

“Se qualcosa non va per il verso giusto, ci penso tra me e me: se ho fatto qualcosa di sbagliato, se avessi potuto fare qualcosa diversamente. Dovrei fare di più, e utilizzare questa rabbia durante gli allenamenti per migliorare”.

Su Spalletti: “Una grande persona, molto positiva, ho imparato un sacco da lui finora. Conosce molto bene il mondo del calcio, è un grande allenatore. Ho imparato anche tanto dai miei compagni perchè sono molto forti, la nostra squadra è una grande famiglia. Giochiamo ogni tre giorni, ma gestendoci giochiamo tutti quanti. Abbiamo un grande rapporto, c’è una bella atmosfera in squadra”.

Sullo stadio Maradona: “La prima volta è stata molto emozionante, perché l’atmosfera era bellissima. Ho realizzato che già essere lì mi rendeva un giocatore di calcio a tutti gli effetti.
Vorrei che tanti calciatori georgiani facessero esperienza di queste emozioni, che molti di loro possano raggiungere i loro obiettivi. Per me era impensabile, pensavo che non sarei mai riuscito ad arrivare dove sono ora, ma devo avvisare tutti che per raggiungere i loro obiettivi bisogna fare un passo alla volta”.

Sulla Champions League: “Quando ascoltavo da piccolo l’inno in televisione, non avrei mai pensato di poterlo sentire dal vivo in campo. Il mio primo sogno era quello di giocare in Champions League, sentire l’inno ti dà una energia che non puoi trovare altrove. Specialmente alla prima partita, contro il Liverpool, avevo bisogno di quella motivazione, e ho pensato che mi abbia aiutato tantissimo”.

Il suo rapporto con il calcio: “Quando ero a casa volevo sempre uscire e giocare con i miei amici, ci sono tante volte in cui le gambe mi hanno fatto male, ma andavo allo stadio per aiutare la mia squadra. La mia famiglia ed i miei amici mi hanno aiutato e supportato tantissimo”.

Sulla fidanzata e sulla famiglia: “Non l’ho menzionata perchè la considero parte della mia famiglia. Avevo 17 anni quando sono andato per la prima volta in un’altra nazione, perchè seguivo i miei sogni ed i miei obiettivi. Ad un certo punto devi essere capace di rinunciare a qualcosa, ma adesso la mia famiglia mi ha raggiunto, vengono e tornano”.

Sui festeggiamenti: “Cose personali, ma le dirò lo stesso: le mani dietro le orecchie sono per i commenti negativi che vengono detti su di me, spesso sono assurdi e mi danno la motivazione a fare molto di più. Le mani sulla guancia? Un segno tipico del giocatore di basket Steph Curry, la gente pensava che la sua squadra non avesse chance di vincere il titolo: parlavano di lui, del titolo, facevano questo gesto per dirgli che stesse dormendo. E quando finalmente ha segnato i canestri nella partita decisiva, probabilmente voleva dire ‘zitti e a dormire’. Detto ciò, la sua squadra vinse e ho pensato di utilizzare pur io questo gesto”.

Sulla Georgia e sui parastinchi: “Una volta ci ho festeggiato un gol, li indosso perchè vorrei che tante persone conoscessero di più della mia nazione, tutti dovrebbero saperne qualcosa in più e io sempre provo a dire la mia, e vorrei che tutti visitassero la Georgia. Siamo una grande regione, abbiamo tradizioni, e indosso i parastinchi con la sua bandiera perché mi sento protetto. Sono fortunati? Abbastanza, li ho messi un sacco di volte”.

Sulla nazionale: “Un po’ come la Champions League, mai avrei pensato di poterla giocare. Il mio primo sogno era di giocare con la nazionale georgiana, forse è il sogno di ogni calciatore georgiano. È la sensazione più bella, specialmente quando tutti i tifosi cantano con te l’inno nazionale.
Tutti hanno visto cosa possiamo fare, abbiamo battuto nazionali molto forti, abbiamo avuto una striscia di undici partite senza sconfitte e ne abbiamo vinte più della metà, e se continuiamo così, batterci non sarà facile perchè proveremo a fare del nostro meglio. Spero che riusciremo a soddisfare i sogni dei nostri tifosi, e di fare adesso ciò che non siamo riusciti a fare in passato”.

Sul fratello: “È un calciatore molto talentuoso e se continua a lavorare così, riuscirà ad arrivarci.
Per quello che posso vedere, vive di calcio: quando sono andato a Tbilisi, mi è sembrato diverso: un paio di anni fa era interessato solo ai giochi per il computer, adesso invece parla di calcio tutto il tempo. Ha un calendario giornaliero nella sua stanza, vuole davvero diventare un calciatore. Spero che raggiunga i suoi sogni e diventi un calciatore migliore di me”.

Documentario, Kvara

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