Vergogna a Bergamo, padre e figlio tifosi del Napoli assaliti: il racconto! (ESCLUSIVA)

La domenica appena trascorsa è stata sicuramente positiva per il Napoli: i ragazzi di mister Spalletti hanno vinto 3-1 a Bergamo contro l’Atalanta e hanno raggiunto il Milan in testa alla classifica (i rossoneri giocheranno stasera contro il Bologna). Oltre i tre punti, la bella prestazione di tutta la squadra ha soddisfatto (e non poco) i tifosi azzurri.

Ma la vittoria del Napoli è stata l’unica bella notizia della domenica di Bergamo. I soliti cori contro la città di Napoli e i napoletani sono stati un sottofondo spiacevole da sentire. Purtroppo, stiamo tornando a farci l’abitudine a queste scene e il becero “Vesuvio lavali col fuoco” non fa più notizia. Inoltre, a fine partita, dalla curva atalantina sono partiti degli epiteti razzisti contro Kalidou Koulibaly.

Ma la follia del tifo bergamasco non si è conclusa alle offese verbali: ai nostri microfoni, ci è stata raccontata una bruttissima storia avvenuta al termine del match. Padre e figlio tifosi del Napoli sono stati aggrediti all’esterno del Gewiss Stadium da un gruppo di nove “tifosi” dell’Atalanta. Queste le parole del ragazzo.

Tifosi Atalanta
Tifosi Atalanta Napoli

“Aggredito solo perché indossavo la maglia del Napoli”

“Io e mio padre, entrambi super tifosi del Napoli, volevamo vedere il match tra Atalanta e Napoli al Gewiss Stadium. Non avendo trovato posti nel settore ospiti, abbiamo deciso di acquistare i biglietti nella Curva Sud Morosini, la curva a fianco al settore ospiti.

Sono andato allo stadio con la maglietta del Napoli, ma l’ho nascosta per non correre nessun rischio, essendo tra i tifosi dell’Atalanta. Durante la partita è andato tutto liscio, la mia maglietta era ben nascosta e non ho esultato a nessun gol degli azzurri. In curva, per tutta la durata della partita, i tifosi dell’Atalanta ne hanno urlate di tutte i colori ai napoletani, chiamandoli “terroni di me**a” e facendo ululati paragonandoci alle scimmie.

Finita la partita, io e mio padre siamo usciti dallo stadio e siamo andati a mangiare in un fast food nei pressi della curva. Dopo un’oretta, siamo usciti dal locale e ci stavamo incamminando per far ritorno verso casa. Sembrava tutto tranquillo, ma da lì a poco è successo di tutto.

Uscito dallo stadio, avevo tolto la felpa perché sentivo molto caldo e avevo solo un piumino. Da sotto il piumino si intravedeva la maglia del Napoli che mi ha condannato. Dall’altro marciapiede, otto/nove tifosi dell’Atalanta, tutti incappucciati e vestiti di nero, hanno iniziato a correre verso di me e urlare “Terrone vieni qua che ti rompiamo il culo”.

Il “capobranco” è venuto da me e, con molta calma, mi ha detto “ma state scherzando che girate con questa maglietta per la nostra città?”. Noi siamo rimasti zitti, non sapevamo cosa fare. Mio padre si è solo permesso di scusarsi e ha detto che ce ne stavamo andando. Il capobranco mi ha detto di togliermi il giubbotto e levarmi dai cogl**ni. Gli altri nel frattempo ci insultavano e ci davano della feccia della società.

Sembrava esser tutto finito, loro se ne stavano andando e noi ci stavamo incamminando verso la stazione. L’ultimo del branco però ha ben deciso di girarsi e prenderci a calci. Noi siamo riusciti a schivarli, ma io sono stato colpito con uno schiaffone in faccia. Ho ancora l’occhio sinistro molto gonfio.

Mio padre avrebbe voluto reagire, si è sentito molto piccolo nel vedere suo figlio aggredito. L’ho fermato perché non sapevamo cosa potevano avere nelle tasche. Mi ritengo fortunato di aver preso solo uno schiaffo e qualche calcio. Come ho detto anche a mio padre, il dolore dello schiaffo se ne andrà, ma i tre punti del Napoli resteranno“.

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