Da Comandante a Soldato, finisce l’era del Sarrismo. Ma ricorda, Maurizio: “Chi ama non dimentica”

E così è fatta. È Maurizio Sarri il nuovo tecnico della Juventus. L’ex Napoli, infatti, dopo una stagione al Chelsea, decide di tornare in Italia e lo fa in grande stile: casa sua ora è a Torino. E sono tante, troppe forse, le sensazioni e le domande che, al momento dell’ufficialità, dopo mesi di voci e titoli di giornale, hanno invaso i napoletani. E mentre molti, con il dito puntato, sono pronti ad urlare “Traditore“, altri ancora, invece, in queste ore si fermeranno un attimo, e metteranno Play al disco del cuore. E allora così, davanti agli occhi, una lunga serie di immagini, di suoni, di momenti vissuti con intensità estrema. Eppure, la delusione non passa.

La bellezza salverà il mondo“, dicevano. Ed è questo che ricordiamo, se pensiamo a Maurizio Sarri. Pensiamo a “Fino al palazzo“. E forse sì, un po’ ce lo chiediamo. Ce lo chiediamo come sia possibile che un uomo che ha lottato così ardentemente contro quel palazzo, il suo governo e il suo sistema, si stia trasferendo proprio lì. E la risposta l’ha data lui. Al termine della finale di Europa League, in un’intervista in cui ha dedicato la vittoria di quel titolo ai tifosi del Napoli, per poi affermare che la vita professionale può far prendere altre strade.

D’altronde è così, lo sappiamo. Perché è questo lo sport. È questo il calcio. E cosa può, un cuore che batte, contro le logiche di questo mondo? Cosa può, un cuore che batte, contro certi meccanismi troppo potenti persino per l’amore? Nessuno conosce le vere motivazioni, profonde e sincere, che lo hanno spinto a compiere tale scelta. Si possono immaginare, certo, si fanno supposizioni, si rispolverano dinamiche passate e si immaginano progetti futuri, ma forse è più semplice di quanto si possa pensare, se si lasciano risuonare queste parole… “La vita professionale può prendere altre vie“.

Sono sincere le sue parole? Ci si chiede perché se l’Europa League non la vinci con il Napoli, la dedichi al Napoli. E in fondo alcuni ci vogliono sperare. Che esista davvero un modo per scindere la professione dall’anima. Che, nonostante Maurizio Sarri sia seduto su quella panchina bianconera, riuscirà comunque a far battere forte quel suo cuore da rivoluzionario. E allora non dimenticare, Maurizio. Non dimenticare la passione autentica, la difesa, l’orgoglio. Non dimenticare quello che insieme a Napoli sei stato, e quello che per poco non hai raggiunto. Non dimenticare che il vero trofeo i tuoi ex tifosi lo hanno vinto quando, l’ultima giornata di campionato dell’anno scorso, piangevano comunque. A mani vuote, sì, ma commossi dalla magia a cui avevano assistito. Davvero un popolo di cuore, quello napoletano, non è vero? Si è accontentato di vincere “lo scudetto del cuore”, perché alla guida del suo cammino c’eri tu.

E poi falli divertire, Maurizio. Anzi, falli impazzire. Fai impazzire tutti coloro che non ci credevano quanto fosse forte il potere del fuoco dentro e della passione che brucia l’anima, tutti coloro che “Vincere è l’unica cosa che conta, che ce ne facciamo del bel gioco?“. Ecco Maurizio, fai impazzire soprattutto loro, che il calcio lo vivono così, e tu invece hai saputo dimostrare il contrario, mettendoti a capo di una rivoluzione che è diventata il movimento a cui fanno riferimento i veri amanti del calcio, il “Sarrismo”.

Forse ci dovrai rinunciare, lo sai? Certi ambienti prediligono esclusivamente la vittoria, i corridoi del cuore non si percorrono neppure, se esiste qualche scorciatoia. Lì non esiste un comandante, ma solo soldati che obbediscono al padrone. Perciò non sappiamo se queste tue travolgenti caratteristiche riusciranno mai a sposarsi con la fredda Torino. Questo lo scopriremo.

Intanto aspettiamo trepidanti i momenti in cui, necessariamente, le nostre strade dovranno incrociarsi di nuovo. E ti vedremo lì, seduto su una panchina a fumare una sigaretta, con lo sguardo fiero, malinconico e sognante. E ci dispiacerà, Maurizio, consapevoli che un vero rivoluzionario non rinuncia ai suoi ideali, non sceglie la cravatta alla tuta, non si adatta e non si conforma, ma lotta con ardore.

E forse, chissà, in quel momento svanirà ogni forma di rabbia o rancore. Perché questo lo sanno tutti, e tu forse più degli altri: il napoletano ama. E chi ama, comandante, non dimentica.

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Alessandra Santoro

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