Un capitano sa prendersi le sue responsabilità: Insigne non ha paura di farlo. E va rispettato

Il pallone era pesantissimo e la porta minuscola. C’era Szczesny, che in quel momento s’è trasformato in un gigante a tre teste. In due attimi tutto si trasforma, si distorce. La realtà, se non hai i nervi saldi e un po’ di fortuna, è spaventosa. E si amplifica, nel calcio, quando il pallone pesa. E come pesa, un rigore a dieci minuti dal termine, contro la Juventus.

Se sei Insigne, sei napoletano, sei il capitano del Napoli, beh… non è facile, anzi. Sono panni che tutti vorrebbero indossare, meno in momenti del genere. Momenti in cui la palla non solo pesa, ma è anche incandescente. E il destino è appeso ad un filo: segni e tutti sono ai tuoi piedi, sbagli e sei alla gogna, alla mercé di una folla inferocita. E le critiche piovono, ti tolgono il sonno.

Lorenzo Insigne, poi, è anche un personaggio emotivo. Le lacrime sotto la curva dopo il rigore fallito con la Juventus torcono le budella, sono lo specchio di quanto pesi, effettivamente, un errore.

Quel rigore l’avrebbe potuto calciare chiunque, certo. Se l’è preso Insigne, con coraggio e determinazione. Eppure pesava, tanto. La porta si rimpiccioliva, il fiato mancava e forse, colpevolmente, l’emozione aumentava vertiginosamente. Come la paura di fallire e finire nella tempesta delle critiche, di nuovo.

Ma un capitano accetta i rischi. Si fa carico anche dei palloni che pesano. Insigne l’ha fatto a suo rischio e pericolo, ha fallito. Pazienza. Si cade soltanto per rialzarsi. La vita è per il 10% quello che accade, per il 90% come si reagisce.

E le critiche social, con le proposte di rimuovere la fascia da quel braccio, sono ingiuste. E indegne. La fascia è sua, se ne facciano una ragione gli “haters” professionali. Non ha bisogno di parole dure e al vento, ha bisogno di fiducia, Lorenzo. E di rispetto. Perché quando il pallone peserà nuovamente, non avrà paura di assumersi nuovamente le sue responsabilità. E magari andrà diversamente.

Vittorio Perrone

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