Assente, inghiottito nella morsa avversaria. Mai in partita, il peggiore in campo per SpazioNapoli è…

Amarezza e sconforto. Una sconfitta larga e inaspettata. Due squadre che si sono affrontate a viso aperto ma la lucidità giallorossa, alla fine, ha strabordato in maniera insindacabile. Un errore marchiano, quello di un Kalidou Koulibaly che disfa e ricuce fino a cedere mestamente su Salah, e una strada in discesa per gli uomini di Spalletti. Tutto da registrare, e ripartire. Dalla retroguardia all’attacco, fino alla mediana. Nulla ha girato per il verso giusto, a conti fatti, nulla che rientrasse a pieno titolo nei meccanismi di Maurizio Sarri.

Azzurri macchinosi e per larghissimi tratti della contesa in difficoltà, inutile nascondere la realtà dei fatti. Dagli errori di Koulibaly, marchiano il regalo a Salah in occasione del vantaggio avversario, leggermente attenuati dalla prodezza in torsione che per uno scorcio di gara ha riacceso le speranze, alle difficoltà di Maksimovic.  Anche lui per la prima volta incappato in una giornata no dal suo esordio contro il Benfica. Una chimera bosniaca, Edin Dzeko, patemi costanti per il centrale serbo e, sul raddoppio romanista, anche per Elseid Hysaj. Irriconoscibile in marcatura sul corner del raddoppio avversario, una marcatura inconcepibile che ha permesso all’ex Manchester City di battere a rete indisturbato. Incubo dai balcani, ma anche dalla Pampa argentinaDiego Perotti è uno stantuffo imprendibile che ripropone tutte le difficoltà messe in mostra dal classe ’94 di Scutari a Bergamo due settimane fa. Anche in quel caso il carnefice fu un argentino: da Buons Aires a Moreno, dal Papu Gomez all’ex Genoa. Fattori diversi, identico risultato.

NAPOLI, ROMA NELLA FOTO: DELUSIONE GABBIADINI FOTO MOSCA-AG.LIVERANI

Il centrocampo affonda senza attenuanti. E a mancare, su tutti, è ancora una volta Jorginho. Impalpabile, non c’è il suo ritmo nelle vene del fraseggio partenopeo. Non c’è personalità, salvo rarissime eccezioni, nelle sue giocate. La mediana giallorossa, da De Rossi a Paredes, fino a Nainggolan chiamato a giostrare da trequartista sui generis, lo soverchia con continuità. Nessuna possibilità di appello per l’ex Hellas che dal finale contro il Benfica sembra aver smarrito lucidità, nerbo e fosforo. Lì dove tutto nasce, nel vivo di un motore azzurro ancora una volta in panne.

E in avanti nessun lampo che illumini a dovere nonostante la rabberciata retroguardia messa in campo da Spalletti. Assente inaspettato Callejon, in difficoltà in fase di non possesso e fin troppo contratto negli ultimi venti metri. Senza timore di smentita la peggior uscita stagionale per l’ex galactico. E poi l’ombra, plumbea, sul capo di uno sconfortato Manolo Gabbiadini. Il peggiore in campo. Tanti, troppi, azzurri sotto la sufficienza. Ma del prodotto del vivaio orobico non c’è la minima traccia sul terreno di gioco. Poco servito, vero, ma mai in grado di creare veri e propri grattacapi alla retroguardia avversaria. Amorfo nei disegni azzurri, una resa inaccettabile per chi ha i mezzi per essere il trascinatore di quella che è stata, a tutti gli effetti, una macchina da reti. Anche dopo la partenza del nueve in direzione Torino. C’è da lavorare sulla testa, poi, soltanto poi, sull’atteggiamento tattico e psicologico sul rettangolo da gioco. Altrimenti emergere da queste sabbie mobili sarà solo utopia.

Edoardo Brancaccio

 

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