Mazzarri sfida il passato ed un Napoli che ha completamente voltato pagina

Si sedette in conferenza stampa in quell’ottobre del 2009. Sguardo acuto contro altri tormentati e depressi: “Darò un’anima a questa squadra”. Fu questo il giuramento di Walter Mazzarri quando fu chiamato da De Laurentiis per togliere gli azzurri da una classifica pericolosa. Si era partiti con ambizioni europee, ma Donadoni non ebbe fortuna. La ebbe De Laurentiis a trovare libero quel tecnico noto per la sua grinta, senza mai un esonero in carriera, in cerca di una panchina a stagione iniziata. Aurelio non ci pensò due volte. Le parole a una Napoli depressa furono i primi vagiti di un ciclo positivo, vincente. Solo una Coppa Italia, ma tantissime soddisfazioni. La chiamavano “Mazzarri’s Band”. Macchina quasi perfetta che con un Cavani inventato dal nulla, che diventò cannoniere da record. Una squadra diventata in fretta la seconda forza del campionato. Valorizzare le risorse umane è ciò che Mazzarri sa fare meglio. “Risolvo problemi”, lui dice come quel famoso personaggio del film Pulp Fiction. Ma l’allenatore toscano non ha alle spalle un abile regista. Fa tutto da solo, forse anche troppo. Ecco, solo. La parola che identifica Mazzarri: disdegna la folla, le attenzioni. Gli piace essere elogiato, ma mai essere messo sotto i riflettori. Risolvere problemi in situazioni pericolose è ciò che gli riesce meglio, sfiorando anche grandi imprese.

L’Inter lo scelse proprio per questo: fu l’ultimo atto di Moratti presidente. L’uomo giusto per non affondare. Una stagione travagliata, la scorsa, ma dove il traguardo europeo è stato centrato. E poi questa, partita bene, ma proseguita male. I nerazzurri annaspano, Mazzarri sulla graticola di un ambiente che ora lo guarda con diffidenza. E di quella band scatenata che con le maglie azzurre faceva gol in velocità e seminava il panico nelle difese avversarie è rimasto ben poco. Proprio il Napoli arriverà a San Siro domenica prossima. Questa Inter della Mazzarri’s band non ha ancora nulla, o quasi. Eppure il mercato lo ha disegnato lui, pur senza soldi o quasi. E di fronte il destino gli ha messo contro proprio la squadra che lo ha consacrato. Il toscano sfiderà un Napoli molto diverso dal suo. Non ne è rimasto nulla, o quasi. Benitez, un po’ come fece nella breve esperienza all’Inter (guardacaso) ha cambiato tutto. Nuovo modulo, difesa a quattro. Un’idea di calcio completamente diversa. E poi via gli uomini chiave, che Mazzarri considerava dei fratelli di brigata: Cannavaro, Dzemaili, Pandev e Behrami. Qualcuno, come Aronica e Campagnaro, salutarono quando c’era ancora lui. Quando Walter, che una volta era chiamato “il mago”, capì che avrebbe cambiato aria.

Del suo Napoli, adesso, è rimasto qualche nome, perso in un modulo non bene assimilato: alcuni dei suoi pupilli con Benitez non funzionano. Hamsik, su tutti, ma anche Maggio, così come Inler e Zuniga: ancora in attesa di un adattamento che forse non arriverà mai. Chissà che domenica gli ex fedelissimi non saluteranno Walter con un po’ di nostalgia, perché niente sarà come prima. Né a Napoli, né forse a Milano. E se Mazzarri ora ha altro a cui pensare, i ricordi di quel Napoli che piaceva e divertiva forse fanno un po’ male. E chissà che penseranno De Sanctis, Lavezzi e Cavani, altri protagonisti di quelle piccole imprese che forse guarderanno in tv questo incrocio cruciale, ma anche un po’ disperato. Di fatto c’è che sia l’Inter che il Napoli della Mazzarri’s band non hanno più nulla. Sotto al Vesuvio di tempo non ne avrà più. A Milano c’è un’altra chance: infliggere gli ultimi colpi a quella che era la sua creatura quasi perfetta. Per ribadire che Mazzarri rimarrà ancora il tecnico mai esonerato in carriera.

FONTE Giovanni Scotto per Gianluca Di Marzio

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