Quanto ci piace fare gli ultras

1104474-17503170-640-360Lo so, se n’è parlato tanto in questi giorni e questo pezzo rischia di passare per l’ennesimo tentativo di pulirsi la coscienza e di passare dalla parte del puritano di turno, con tanto di analisi democratica e chiusura stile “Paulo Coelho“, ma consentiteci di annoiarvi ancora e di potarvi ai limiti della umana pazienza di lettori. Più che “scomodare” uno scrittore di fama mondiale, potremmo invece restare in casa nostra e citare una canzone di Vasco Rossi che recita “voglio trovare un senso a questa storia anche se questa storia un senso non ce l’ha“, chi non la conosce, chi non ha riportato i versi in una qualsivoglia strampalata e ambigua storia di cui si è voluto tracciare i termini.

Sono anni che sentiamo la voce di migliaia di giovani aspiranti xenofobi, distratti dal pallone che rotola e incuranti delle offese gratuite, arrivano dai più disparati posti d’Italia e non solo, volgari e beceri più di quanto non li si voglia far passare, sarcastici e ironici quanto un calcio nei gioielli di famiglia. Questi “cari ragazzi” con i loro famigerati ritornelli, con quei coretti di “quattro imbecilli” che in un batter d’occhi diventano otto, trentadue, sessantaquattro, centoventotto…no, non diamo i numeri, riportiamo i fatti, quelli di un modo di vivere il tifo che non ci deve appartenere, che non lo si può accettare come “tipico“, un fare goliardico, uno “sfottò” che tale non può essere, perché più che “sfottere” affonda un coltello lungo ed affilato nelle piaghe più terribili e irreversibili della storia e della cultura di un popolo. Non mi verrebbe mai in mente di andare a tirare in ballo un’epidemia, una strage, una calamità, un problema che reca danni e morti verso una terra che non trova pace, pur di “scherzare col tifoso avversario“, istigandolo a rispondere ad armi pari, in una battaglia per la serie “chi la spara più forte“. Ma che tifo è questo? Chi ve l’ho ha insegnato?

Ma ciò che più indigna è la reazione della tifoseria partenopea, o almeno una parte di essa, che, senza remore alcuna, espone uno striscione in cui appoggia pienamente le tendenze altrui, facendo rientrare l’allarme quasi come fosse accettabile nel complicato e assurdo concetto della “mentalità ultras“. Ebbene, questa reazione non è per niente condivisibile, oltretutto arriva quasi come una pugnalata al cuore di milioni di napoletani che si sono visti tirare in faccia melma e fango in quasi tutti gli stadi d’italia, per anni, per quasi un secolo oramai, già, perché questa è una storia vecchia almeno quanto lo è la società Calcio Napoli. Chiedetelo ai vostri nonni, agli amici che oggi hanno alle spalle tanti anni di cattiverie gratuite ed intemperanze verso un popolo che ha avuto come manifesta colpa quella di ravvedersi per una sorte avversa, facendo le valigie per diventare “emigrante“, andando a “rubare la poltrona a qualcuno“, cercandosi un lavoro onesto, anche se sottopagato e lontano dalla propria terra e dai propri cari. Allora ci sorge spontanea una riflessione; è così affascinante il senso d’appartenenza nel mondo ultras che siamo addirittura disposti a ricoprirci la faccia della stessa spazzatura che, negli stadi avversi, gli altri ci hanno tirato per anni? Contenti voi, io non lo accetto e mi faccio da parte, al diavolo loro e tutti i triviali concetti che hanno tirato in ballo pur di offendere un popolo che ha le radici nella cultura e nella storia di questa penisola, che ha insegnato e che insegna ancora un alto senso civico con la semplicità, con il saper vivere le piccole cose ed esserne felici, con il concetto di “tirare a campare” senza farsi vincere dai problemi quotidiani. Altro che colera...

E’ cominciato tutto così questo assurdo ed incomprensibile “odio verso il napoletano” che oggi aveva visto, dopo anni in cui le orecchie dei giudici sportivi mai avevano ascoltato, il giusto dazio da pagare. Ed invece si scatena l’inverosimile, questi signori vengono puniti con la chiusura della curva e gli si dice “poverini, non è giusto” e ci si autoflagella con un offesa che per anni questa gentaglia ha usato per ridicolizzare i napoletani e metterli al cospetto di una realtà che li faccia sentire quasi una stirpe inferiore. Signori, concedeteci la nostra solita affermazione, cara a questa rubrica perché le dà il nome, Io non ci sto“, con questa visione tutt’altro che “ultrà” delle cose, ingenua e incomprensibile, che porge il fianco alla giustizia sportiva di cui ci si è tanto lamentati negli scorsi anni, e che oggi invece avrà una ragione in più per non tutelare i napoletani, che avranno avuto pure buon viso dal mondo ultrà delle tifoserie avversarie, ma che si dovranno sorbire non solo i soliti cori “sarcastici” che, state pur certi, non termineranno con l’inasprirsi delle leggi, ma bisognerà far fronte alla consapevolezza altrui che, in fondo, a Napoli, sanno bene che questi pseudo-tifosi vogliono solo essere “goliardici, acidi e maleducati“…

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