Another Torino, please.

editoriale_carlo_letteraIl cuore si stanca a compiere il solito giro degli ottanta battiti e noi non siamo ancora così vecchi da preferire la senile tranquillità all’eccitazione che afferma appena l’inizio del nostro giro su questa giostra che chiamiamo esistenza.

Domani chiedo agli azzurri di regalarmi un altro tarlo nella memoria futura, un’altra domenica che non sia solo la grande abbuffata e l’uscita serale nel chiassoso caffè. Chiedo la vertigine della paura e la ricompensa dello scampato pericolo; chiedo proprio il pericolo, la disperazione e il calcio al vaso appena comprato. Voglio essere come un infartuato al quale viene restituita l’appartenenza al giorno grazie a un’illogica manovra di respirazione indotta.

Non sono masochista, semplicemente mi annoia il 4-0, la tranquilla gestione che promette solo sbadigli. Il calcio deve essere sofferenza se si vuol essere ripagati con la moneta della gioia. Non esiste urlo liberatorio più bello di chi si credeva morto e invece si ritrova trascinato alla riva e con il sole in pieno volto. Sogno la forma di Torino ripercorsa, l’inferno dell’odio momentaneo per chi sbaglia e la santificazione pagana di chi inventa la geometria perfetta che non credevi.

Domani la cena mi deve aspettare. E’ mio solito nelle partite serali misurare il mio grado di coinvolgimento all’evento dal rapporto che stabilisco con i generi di prima necessità alla sopravvivenza. Se riesco a trangugiare qualche profilo di pane o un tassello di pizza allora sono tranquillo, e so che il Napoli ha la partita in pugno. Se ceno nel mentre dell’incontro , allora sono invalido di speranza, è segno corporeo che la mia squadra soccombe senza possibilità di resurrezioni pasquali. Se invece la cena diventa ibernata, tipo iceberg inservibile ai denti, allora so che l’incontro è stato come Torino, un attentato alla sanità della mente e un giorno che ha l’intensità di 100.

Ecco, proprio per allungare la percezione del tempo, e quindi convincermi di compiere un percorso temporale più vasto, vorrei che domani il Napoli ripetesse Torino. Guardare inebetito prodezze, insultare l’intero albero genealogico di un arbitro solo perchè ha compiuto il suo dovere razionale negandosi di congiungersi carnalmente alla mia volontà.

Domani vorrei questo. Se è vero che il settimo giorno Dio si riposò io allora mi rifiuto di imitarlo. Voglio vegliare febbricitante, e se mai dovesse scapparmi un’imprecazione blasfema non vorrei pentirmene, sicuro del sonno momentaneo di Dio. Datemi un’altra Torino, per favore.

Carlo Lettera

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