L’editoriale di Antonio Manzo: “Io come Cavani, avremmo dovuto riposare ma poi…”

imagesSono le 20.43 e stranamente non hai ancora acceso il televisore. Avverti una strana sensazione, rischi di confonderla con l’influenza che sta bussando per Pasqua e con la quale stai combattendo per non farla entrare definitivamente.

Negli ultimi giorni hai fatto una scorpacciata di partite, gol, dati, classifiche, statistiche, quote, pronostici.

Tutto in questa settimana ha ruotato, come sempre negli ultimi anni, intorno a quel pallone che rimbalza in tutti i campi della tua vita, perché ti piace così e non potresti farne a meno.

La tua passione è diventata il tuo lavoro, chi l’avrebbe mai detto? Per fortuna, aggiungerei.

Ma oggi non ne hai più voglia. Dopo Nazionali, serie B, conferenze, accrediti, articoli letti e riletti, seconda e terza divisione inglesi, derby d’Italia, gufate, Liga, campionati polacchi, basta, non ne puoi più, sei allo stremo.

Tutto davanti a quel pc, assieme a quello strumento inseparabile per tutto quello che fai e sei.

Alle 20.43 decidi di spegnere anche lui, pensi che al massimo puoi rifugiarti sul cellulare. Tanto il campionato è chiuso, il Milan ha vinto e stasera c’è seriamente il rischio di intossicarti Pasqua. La tentazione di andare a letto senza neanche interessarti del risultato è forte: sarebbe la prima volta della tua vita ma la voglia di dare uno strappo è tanta, troppa. Sarebbe l’occasione ideale ma…

Ma accendi la tv, la palla è al centro e le formazioni le sai già a memoria. Non c’è neanche il Matador, quasi a rafforzare la tesi che se non riposi stasera anche tu non lo farai mai più.

Dai fiducia alla partita ma non troppo. Il primo tempo è interessante ma quando finisce vai in cucina a cenare qualcosa senza troppa fretta, lasciando la tv accesa nel salone. A un certo punto senti gridare. La telecronaca di Pierluigi Pardo è troppo uno spettacolo per rinunciarvi.

E così torni, decisamente torni. E gridi come fai raramente, ti agiti oltre le righe, vivi delle emozioni che come al solito non trovano nome, ti manca il respiro, provi a stemperare la tensione ma la partita non ti lascia tregua. Quelli a cui avresti voluto rinunciare diventano i 90 minuti più belli della tua settimana e forse, in alcuni frangenti, si avvicinano alla classifica di quelli di sempre.

Così ti trovi a scrivere ancora di calcio, alle 23.32, e ne hai ancora tanta voglia, nonostante l’orario, nonostante le decine di promesse fatte a tua figlia di giocare più tempo con lei e puntualmente infrante, nonostante lo schermo dell’iphone sia troppo piccolo per raccontare le proprie emozioni e la batteria troppo scarica per continuare ancora.

Ti rendi conto che quello sei tu, e non c’è modo di cambiare e in effetti non ne vale neanche la pena perchè sei fortunato, diciamocelo.

Allora mettiti l’animo in pace e rilassati, gli altri capiranno come sempre fanno, la prossima partita non è poi troppo lontana…

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