Pocho e quella maledetta rabbia…

Quanta rabbia e quanta frustrazione può covare un calciatore, quando l’ovattato mondo di gloria, applausi e ammirazione, costruito con merito e fatica, si sgretola da un momento all’altro, o meglio dal passaggio da una “maglia” a “un’ altra”?

Tanta. Troppa, forse.

Ezequiel Ivan Lavezzi, l’insostituibile Pocho, a Napoli è stato un re. E’ stato osannato, ammirato, elogiato e coccolato da tutta Napoli. A lui si poteva perdonare di tutto, dentro e fuori il rettangolo da gioco, che fosse una lite scoppiata dopo un tamponamento automobilistico o un rigore calciato in curva. Non era importante. Perchè il Pocho sapeva come farsi perdonare. E i riscatti migliori li ha sempre ottenuti in campo.

La sua fantasia, il suo estro, la sua velocità che spaccava le difese, la capacità di dribblare con tanta classe e spettacolarità, facevano accapponare la pelle. E poi quei goals mai scontati e mai siglati a porta vuota. Perchè diciamoci la verità, quanti “goal fatti” il Pocho ha sbagliato, e quanti goal partiti da posizioni impossibili ha realizzato,come tra tre avversari che cercavano invano di offuscargli la visuale della porta, oppure quelli realizzati da seduto o di tacco.

Perchè lui era così, imprevedibile, insostituibile.

E poi quest’estate tutto cambia. La favola si interrompe. Qualcosa si spezza. Napoli trema, piange e si paralizza all’idea di perdere il suo amato figlio, il suo miglior scugnizzo.

Poi arriva la conferma: Pocho è del Paris Saint Germain.

Tanta amarezza, tristezza e delusione serpeggia tra i tifosi, ma poca, pochissima rabbia. E sono stati tanti i messaggi d’amore e di in bocca al lupo per il numero 22 del Napoli. Perchè il Napoletano è riconoscente e onesto, e sa bene che quel goffo ragazzino dalla testa china ha contribuito al riscatto di una città, di una terra, di un popolo che ha riconquistato, soprattutto sui terreni da gioco, l’orgoglio e il rispetto.

E inverosimilmente, quello che avrebbe dovuto suggellare “il salto di qualità”, diventa l’inizio di una precipitosa discesa verso l’anonimato.

Ancelotti lo schiera poche volte e male. Sente la pressione, e forse la poca stima di un tecnico che si aspettava molto e meglio. Si aspettava di vedere quello stesso giocatore che a Napoli era stato “la differenza”. Sbaglia tanto, non trova la giusta posizione, forse perchè a Napoli gli era stato permesso di spaziare in lungo e in largo, senza mai essere “rilegato” in una precisa porzione di campo. E poi gli infortuni, e i lunghi periodi di recupero. E le tante partite lasciato in panchina. Lui che andava in escandescenza se Mazzarri non lo inseriva tra gli undici titolari o lo sostituiva a partita in corso.

E tutto questo malessere l’ha scaraventato fuori ieri durante la partita di Champions contro il Porto.

Inserito a partita in corso e sostituito dopo appena 7 minuti, si presume per un riacutizzarsi del dolore all’adduttore, calcia più volte e con rabbia il contenitore delle borracce d’acqua.

Anche a Napoli diverse volte è stato vittima della sua stessa rabbia, sfogata sulla bottiglia d’acqua di turno.

Ma stavolta è diverso.E’ il segno di un malessere per una stagione cominciata male e sotto tono.

Che cosa è successo Pocho? Dove è il Pocho che noi conosciamo? Che fine ha fatto la tua poliedricità calcistica?

E pure sotto tutta quella rabbia, c’è ancora in forma latente, quell’immenso giocatore che eri, quel campione che tutti ci invidiavano. Bisogna solo trovare la giusta valvola di sfogo e far ri-esplodere tutto quel talento che ha ammaliato tifosi e clubs.

 Tanto, a Napoli, il tuo ricordo sarà sempre vivido. La tua fama si estenderà da generazione a generazione, e non dimenticheremo mai un giocatore della tua portata. Perchè quel “OLè OLè OLè OLè POCHOOO POCHOOO!” silenziosamente riecheggerà sempre nel San Paolo.

Ti auguriamo di ritrovare il “vero” Pocho che è in te, così da rende tutti i napoletani che ti amano ancora incondizionatamente, orgogliosi di te. 


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ALINA DE STEFANO

 

 

 

 

 

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