Corbo: “La grinta di Conte e l’ostinazione di Mazzarri”

La Juve è la foto di Antonio Conte. Feroce e vincente. Di gentile ha solo il rosa della maglie. Aggredisce, travolge, boccia un Napoli gestito sempre peggio da Mazzarri. Crolla anche l’ultimo alibi. Il guasto non era in difesa. È in totale black-out. Dopo 25 minuti si scopre la segreta aspirazione di Mazzarri. Preparare la squadra nei feriali e mandare in panchina la domenica soltanto il pilota automatico o una sua sagoma. Non cambia mai. Il Napoli si muove con varianti previste e risapute. Per la terza volta, Maggio abbandona il campo dopo meno di mezz’ora. La prima, a Londra. Il Napoli ricorse ad un cambio banale, ma erano tutti emozionati ed inesperti, c’era da comprendere: dentro Dossena, umiliato fresco per l’ennesima esclusione, e Zuniga trasferito da sinistra a destra. La mancanza di inventiva nel modificare in corsa l’assetto del Napoli contribuì a spiegare l’evitabile addio alla Champions. Con il Catania stesso precoce abbandono di Maggio e stessa decisione. Per la serie: anche l’ovvio vuole la sua parte. Dossena a sinistra e Zuniga che va a sostituire Maggio sulla destra. Ieri il Napoli aveva ottimi motivi per inventare qualcosa di diverso, senza far uso di fotocopie. Ieri più che mai, perchè sulla fascia destra la Juve ha uno dei suoi punti di dominio. De Ceglie esterno largo di un centrocampo a 5, nel modulo 3-5-1-1. Non solo il modulo, all’inizio la Juve dà il meglio e il peggio di sè: gioca con una grinta che rivela tutta la sua feroce voglia di inseguire il Milan, interventi implacabili e pericolosi che intimidiscono un Napoli molliccio che peraltro non copre bene il campo, al contrario della Juve, ben guidata da Pirlo. Della prevista marcatura di Hamsik in fase passiva del Napoli non si ha riscontro. La sostituzione obbligata di Maggio dovrebbe ispirare qualche rimedio diverso. Una tra tante. Trasformare la difesa a 4, con Campagnaro a destra con la delega per avanzare, inserire poi Fernandez o Britos. Non fosse altro: recuperare un saltatore di testa per i calci piazzati che sono l’ossessione della difesa di Mazzarri, squadra che arriva a Torino con una zavorra di reti, 11 in cinque gare, Champions compresa. La difesa subito in emergenza dimostra che si poteva creare qualcosa di meglio, piuttosto che limitarsi a riflettere sul male oscuro di Maggio. Si romanza il recupero record in settimana, il giocatore dà personali garanzie sulla sua avvenuta guarigione, e solo lui può darle trattandosi di malanno muscolare, si lascia poi condizionare da timori appena va in campo. Conte contagia il suo furore. La Juve è l’immagine della sua leonina espressione. Dei suoi occhi luciferini. Ma confeziona anche moduli su misura. Provò per la prima volta questo sistema con la difesa a 3 per mettersi a specchio contro il Napoli. Fu un cenno di umiltà e astuzia, premiato da una prodigiosa rimonta: dal 3-1 al 3-3. Ieri lo tira dal cassetto, giusto per il Napoli. E piazza tre mine. De Ceglie sulla sinistra ad incrociare Maggio, metterlo in difficoltà e suggerirgli di uscire subito. Vucinic atteso come seconda punta non gioca in linea con Borriello ma nella sua scia, tra le linee. Non si rende reperibile per Campagnaro, tende al centro, a volte a destra per scomodare Aronica. Ma spesso deve arretrare Inler o Gargano. In quella zona, i due mediani devono vedersela con Marchisio e Vidal, due tra i più brillanti, il primo per lucido tempismo, l’altro per i suoi temerari contrasti. Non c’è fortuna nei cambi: il primo esclude non Hamsik come sembrava in primo momento, ma Inler per Pandev, ma finisce per indebolire il Napoli nella zona cruciale. Mazzarri se ne avvede e ritira subito Hamsik per infilare di nuovo un centrocampista, Dzemaili. Ma lo strapotere di Vidal merita un gol ed un Napoli sbandato e remissivo glielo concede subito Potete immaginare nel primo tempo come il Napoli perda subito le distanze all’interno del suo meccanismo. E perchè subisca tanto la Juve, anche nella ripresa. È travolto. C’è spazio anche per il gol di Quagliarella, che covava tanta voglia di rivincite sul Napoli ma ha il buon gusto di non festeggiare la sua prodezza. Pur schierando sempre gli stessi giocatori, prigionieri come lo stesso allenatore di un solo modulo, il Napoli ha perso la sua identità, la sua idea di gioco, la prontezza delle sue ripartenze fulminee e devastanti. Non si può certo invocare l’alibi delle troppe partite giocate, nè Coppa Italia nè Champions l’hanno distratto. Un giorno o l’altro anche Mazzarri si convincerà che “titolarissimi” è un superlativo impossibile per un sostantivo nella lingua italiana. E far giocare sempre gli stessi e nello stesso modo è un errore blu nel calcio moderno.

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