Parma-Napoli: la vittoria non conseguita con la logica

Il calcio è uno “sport di situazione” o “sport open”, ossia “una disciplina nell’ambito della quale i gesti atletici dei calciatori dipendono dalle circostanze proposte dalla partita, dalle strategie degli avversari, dalle condizioni del terreno di gara e da molte altre variabili cosiddette “esterne”. “

O meglio, questa è una delle tante definizioni che i “sapienti” di questo sport forniscono dello stesso, ma, probabilmente, nell’elaborarla, non avevano tenuto conto delle partite come “il match aperitivo” che ha avuto luogo quest’oggi allo stadio Tardini tra Parma e Napoli.

Poiché, tra le tante “variabili esterne” possibili, ipotizzabili, concepibili, non sono razionalmente contemplabili quelle che hanno consentito agli azzurri di portare a casa i 3 punti.

Perchè il Napoli oggi ha vinto, nonostante un dato inconfutabile ed innegabile: ha rappresentato “l’anti-calcio” per ampi sprazzi della partita stessa, non meritando assolutamente la vittoria che, però, ha altresì deciso di propendere dalla parte della squadra di Mazzarri.

A dispetto di tutte le partite in cui il Napoli avrebbe meritato e come la vittoria, collezionando azioni gol clamorosamente sciupate sottoporta, portandosi, così, sottobraccio un bel pò di materiale sul quale recriminare a fine gara.

Paradossalmente oggi, nessuno avrebbe potuto rivangare o rimpiangere nulla, per quanto il Parma ha espresso in campo, non riuscendo a realizzare diversi gol classificabili come “più facili da segnare che da sbagliare” e per quanto il Napoli non ha, invece,  dimostrato nel rettangolo verde.

Arruffone, stanco, legnoso, povero di idee e facilmente ingabbiabile in quel 3-5-2 che ormai tutte le cosiddette “piccole” abilmente adoperano per stroncare sul nascere le velleità di Lavezzi e company.

Ma oggi si carpiva che nell’aria aleggiasse anche “altro” rispetto al “solito.”

I primi fraseggi di gioco lasciavano presagire che il match avrebbe preso una brutta piega per gli azzurri, basta pensare all’ammonizione-lampo di Grava, maturata nel corso dei primissimi minuti di gara, per effetto del “fallo d’avvertimento” ai danni di Giovinco che, diversamente, lo scorso anno, inibì a tal punto la “formica atomica”, allorquando il Parma era di scena al San Paolo, da determinarne la sostituzione, proprio a distanza di pochi minuti dall’inizio della gara.

Ma è assodato che ogni partita rappresenta una storia a sé ed, infatti, quel cartellino giallo ben incarna la giornata no del pacchetto difensivo azzurro, perchè, sia la triade Britos-Cannavaro-Grava sia quella ridisegnata da Mazzarri, proprio nel corso dei primi 45’, composta da Campagnaro-Cannavaro-Fernandez ha collezionato errori e distrazioni madornali che solo per gentile concessione della squadra di casa non si sono trasformati in “colpi letali” per il Napoli. Infatti, il dato più allarmante emerso dalla partita di oggi è da riscontrare proprio nella prestazione espressa dal pacchetto arretrato azzurro, apparso stanco, legnoso, poco lucido e frastornato, incapace di tenere un dilagante Biabiany ed un Giovinco in grande spolvero.

Tuttavia, il verdetto decretato dal campo “cambiando il nome degli interpreti la sostanza non cambia”, smentisce chi ha sempre sostenuto che, tante e tante partite, non si sarebbero perse o pareggiate, se il tecnico azzurro avesse lasciato ricadere le sue scelte su altri calciatori.

E’ anche vero che buona parte dei titolarissimi erano reduci da dispendiosi impegni con le rispettive nazionali, ma è parimenti vero che il deficit psico-fisico, espresso oggi in campo dagli azzurri, ha coinvolto anche chi era esente da tali gloriosi impegni.

Riaprendo il fantomatico libro che illustra, spiega e impartisce nozioni preziose e di indubbia rilevanza in materia di tattica calcistica, quasi come se ci volessimo trovare sopra riportate le risposte utili a comprendere da cosa scaturisce la vittoria odierna, scopriamo che “la tattica calcistica soddisfa due esigenze fondamentali dell’uomo: agire e sapere. “

Ma la tattica attuata dal Napoli, oggi, stravolge e rinnega anche questo postulato.

Gli azzurri in campo sono apparsi piuttosto lettori analfabeti delle trame di gioco, incapaci di tessere ed argomentare azioni, sterili nella fase di non possesso palla, forse fisicamente stanchi o depauperati da forze ed input motivazionali utili ad incutergli quella scarica di adrenalina che appare innegabilmente necessaria agli uomini di Mazzarri per inscenare il loro modo di fare calcio.

Una partita come questa, con quale etichetta si può archiviare: fortunata o sfortunata?

Di sicuro, il risultato positivo lascia propendere verso la prima conclusione, ma, di contro, verrebbe da chiedersi: si può davvero considerare “fortunata” una vittoria maturata attraverso il “non gioco” espresso dal Napoli in campo?

Piuttosto i tifosi azzurri dovrebbero strizzare l’occhio al cospetto delle dichiarazioni rilasciate a fine partita da Mazzarri, il quale di certo non è famoso per le sue capacità di fare autocritica, contrariamente a quanto è avvenuto in molte altre occasioni, ha nitidamente ammesso le lacune che la squadra ha lasciato trasparire in campo.

Insomma, il Napoli anche oggi ha scritto qualcosa, di certo non una nuova memorabile pagina di storia calcistica, ma, senza dubbio, ha dato il là per una nuova elaborazione del concetto di “sport di situazione”: “una disciplina le cui fasi caratterizzanti possono non essere determinate da criteri quantificabili e tangibili, soprattutto se il fattore esterno che concorre a designare l’evolversi delle dinamiche di gioco ha un unico, ma versatile nome:  (s)fortuna.

Luciana Esposito

 

 

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