Ci vuole un bel coraggio a definirci provinciali

Non l’hanno ancora mandata giù. E’ questa l’unica spiegazione, cari amici. Perché definirci provinciale è davvero un azzardo. E’ un azzardo perché Napoli è tutto fuorché provinciale. Perché Napoli è sporca, caotica, esuberante, creativa, enorme, stressante, passionaria, dolce, estrema, opposta. Napoli è disubbidiente, saporita, stravagante, reticente. Ma non è provinciale.

Ci vuole un bel coraggio a definirci provinciali. Soprattutto dopo aver perso una partita che” non valeva niente, al di là dei tre punti”. Vero caro Marotta? E allora perché presentarsi al San Paolo? Perché passare per – come le ha chiamate lei, caro Marotta – le “Forche Caudine” lungo la strada che da Fuorigrotta conduceva allo stadio? Perché non giocarla proprio quella partita, dato che ne avete di punti avanti? Perché mettere i migliori, caro signor Marotta?

La rivalità tra Napoli e Juve è storica, e non ha bisogno delle dichiarazioni di Marotta per essere alimentata. Soprattutto perché la Juventus è una società da rispettare, visto che è l’unica ad essere rimasta in Europa (League), dopo essere stata eliminata nel girone di ferro di Champions contro il Real Madrid, il Galatasaray e il (temutissimo) Copenaghen.

Quella di domenica sera, caro signor Marotta, non è stata una sconfitta. E’ stata una rivincita. Lo vada a chiedere a tutti i partenopei che ogni domenica pomeriggio salgono sul regionale dalla stazione Garibaldi di Napoli, diretti verso le lande del Nord. Lo vada a chiedere, cosa provano, i tanti emigrati che da anni si sono stabiliti nel settentrione. Lo vada a chiedere ai club Napoli di Torino, di Bergamo, di Verona.

Perché, al di là della retorica, Napoli – Juve non sarà mai una partita banale. Lo vada a chiedere ai tanti napoletani che non hanno ancora dimenticato lo storico scambio di maglie di Sivori e Altafini. Lo chieda a chi ricorda come se fosse ieri l’ingresso in campo a pochi minuti dalla fine di Altafini, e quel gol del 2-1 che staccò definitivamente gli azzurri in classifica. Era il ’74, e non l’abbiamo scordato. Lo vada a chiedere a chi ha scritto sul cancello d’ingresso del San Paolo “Josè core ‘ngrato”, e a chi ancora ci rimane male al solo pensiero.

Lo vada a chiedere, signor Marotta, al buon Tacconi, che se la sogna ancora di notte la punizione di Diego da dentro l’area. E non se lo riesce ancora a spiegare. Era l’85, e di provinciale non avevamo proprio nulla. Lo vada a chiedere, se eravamo provinciali il 10 maggio 1987, o il 29 aprile del 1990. Lo vada a chiedere, se eravamo provinciali, il 26 settembre 2004, quando al San Paolo arrivarono in 50mila per il 3-3 col Cittadella. Se non ci crede vada a controllare i numeri: 19.065 abbonati per il Campionato di Calcio di serie C1 girone B. Era il 2004, ed eravamo provinciali. Ovviamente.

Insomma, non è una questione di numeri, caro signor Marotta, e lei lo sa bene. E’ una questione di stile. Quello stile che fa accettare le vittorie (e le sconfitte) con intelligenza e dignità, senza attaccare l’avversario. Perché c’è solo una cosa peggiore della sconfitta, ed è non accettare la sconfitta. Detto da un provinciale come me, poi…

Raffaele Nappi

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