Napoli lo aspetta con ansia: il vero Marek è scomparso? A Marsiglia si attendono risposte…

hamsik

La vigilia della partita di Marsiglia con l’OM, fondamentale in proiezione europea futura, impone una riflessione su Marek Hamsik: non è lui, in questo periodo, è su questo non c‘è nulla di nulla da dire. Anzi, si farebbe un torto alla sua classe, se si affermasse il contrario, allo stesso tempo, però, c’è un dato di fondo che non può essere ignorato: è vero che Marek, storicamente, ha sempre accusato un calo fisiologico nel corso di una stagione stracolma di impegni, ma di solito non è mai venuto meno nelle occasioni importanti. Lo dicono i numeri e lo raccontano gli almanacchi. E allora? Beh, sembra proprio che ci sia dell’altro, dietro il calo evidente dello slovacco di ghiaccio spietato come Ivan Drago: non una questione di personalità, non la sparizione sistematica sotto il peso delle responsabilità, piuttosto una questione fisica. E, in subordine, probabilmente anche il corso naturale dell’adattamento tattico.

Con ordine. Dopo la sconfitta di Roma e una prestazione molto grigia, Marek si è trovato al centro di un vortice di critiche (legittime) che, tra i tanti aspetti, hanno anche affrontato con decisione il crollo psicologico nei momenti topici. Le statistiche, però, raccontano altro in merito alle sfide di cartello, per dirla con il linguaggio del calcio: sin dal 2007, e dunque dalla sua prima stagione azzurra, ha fatto gol a tutte le grandi d‘Italia. E anzi la Juve e la Roma, tanto per citane un caso, sono le sue vittime predilette numero due e tre (dopo il Palermo): 6 graffi sulla pelle della Signora (7 ai rosanero), di cui uno in finale di Coppa Italia – partita secca e decisiva – e 5 ai giallorossi. E ancora: anche in Champions, nella prima stagione delle magiche notti azzurre, ha sempre inciso in quasi tutte le grandi sfide, con tanto di gol-qualificazione (storica) con il Villarreal. Le reti pesanti, insomma, fanno parte del suo carnet.

In questa stagione, cominciata con due doppiette distribuite al Bologna e al Chievo, a onor del vero non ha invece lasciato tracce né con il Milan e la Roma, né con il Borussia e l’Arsenal. E per tracce s’intende prestazioni del suo livello abituale, non soltanto gol e assist. Un caso? Non sembra proprio, se andiamo ad analizzare la cronologia: quelle elencate sono tutte partite successive alla sua ultima trasferta con la Nazionale, a inizio settembre. Un viaggio molto duro sotto tanti aspetti: due partite all’ultimo sangue con la Bosnia, costate la qualificazione al Mondiale, e l’insorgere di un fastidio agli adduttori. Un affaticamento, nulla di grave, ma comunque una limitazione: tant’è che al rientro a Napoli, Hamsik cominciò dalla panchina con l‘Atalanta. Da quel giorno, Marek a metà: tanta corsa e tanto sacrificio, ma soltanto un gol, con il Livorno, e davvero poca incisività.

Il morale, nel frattempo, è andato giù: per uno abituato a viaggiare a vele spiegate, è logico accusare un calo psicologico direttamente proporzionale a quello fisico. Però la capacità di sacrificarsi, e dunque l’amor proprio e per la causa, sono indiscutibili: sono venuti a mancare i gol e gli assist, nella stagione precedente distribuiti a go-go, ma non la corsa. Esempi? Con il Borussia ha percorso oltre 11 chilometri – più di ogni altro in campo – e con l’Arsenal circa 12. Roba da maratoneta. Posizione? Seconda punta.

A proposito: nell’analisi del momento, oltre alle componenti fisiche e mentali, non bisogna trascurare l’adattamento al sistema tattico di Rafa, una vera e propria mutazione genetica dopo gli anni di Reja e Mazzarri che, ovviamente, una condizione fisica non ottimale non facilita né accelera. Tutto sommato, comunque, uno come Hamsik merita fiducia illimitata: per quello che ha dato finora, per quello che è. La forma tornerà, la voglia è intatta, la professionalità impeccabile. Roma è già il passato, Marsiglia il presente. Vai Marek.

FONTE: Corriere dello Sport

 

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