Un Pocho di storia: 1733 giorni di Lavezzi, dall’esordio al probabile addio

Non è facile scrivere di un calciatore che ha provato a scalfire, nei cuori di ogni napoletano, il legame indissolubile con il Dio del calcio.

Lui ci ha provato, entrando come un semisconosciuto e diventando una stella, un tenore, un figlio di questa città.

E’ la stessa città che lo ha reso più di un elettricista mancato, più di una meteora calcistica, più di un calciatore comune, più di… no, più di Diego no, ma forse sarebbe bastato ancora qualche anno…

Lavezzi, pur avendo la napoletanità scritta sul volto, Napoli non l’ha mai amata abbastanza: non si è sentito mai libero di scendere per strada, mangiare una pizza, bere una birra come un ragazzo normale dimenticando quanto proprio questa città non l’abbia reso “normale“, nel bene e nel male.

Se fosse stato un elettricista avrebbe potuto visitarla da cima a fondo senza il fiato sul collo di alcun tifoso, magari l’avrebbe fermato qualche potenziale cliente per una spina non funzionante e probabilmente non l’avrebbe neanche pagato: il signor De Laurentiis invece l’ha pagato bene, non l’ha riempito certo d’oro, ma l’ha saputo apprezzare giorno per giorno, crescita dopo crescita, dai troppi gol sbagliati alla sua consacrazione.

In 1733 giorni Lavezzi si è preso il cuore dei napoletani, l’ha morsicato più volte, lo ha fatto battere in maniera assurda ad ogni suo scatto verso la porta avversaria.

Da un Napoli – Cesena di Coppa Italia a un Napoli – Siena che odora di Champions e puzza di beffa per qualche punto di troppo perso durante il campionato: questi giorni raccontano la  sua evoluzione e quella di un Napoli che non ha mai guardato indietro.

Non bisognerò farlo neanche domani, quando Lavezzi, con ogni probabilità, diverrà solo un bellissimo ricordo rievocante centinaia di emozioni: il Napoli guarderà avanti, il Pocho verso Milano o Parigi poco importa.

E’ stato bello stare assieme, buona vita. 

 

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