Contemporaneità delle gare, anomalia tutta italiana

La legge non è uguale per tutti. Assistiamo troppo spesso al verificarsi di questo dogma scellerato in molte aule giudiziarie italiane. Un Paese che ha imparato un uso decisamente distorto della democrazia , uno Stato di diritto dove lo stesso principio può magicamente mutare a seconda dello status sociale. E le piaghe di uno Stivale che ormai calza male un po’ a tutti ovviamente si ripercuotono anche sul mondo del calcio. La faccenda della contemporaneità degli eventi nelle ultime giornate lascia la stessa amarezza della mancata partecipazione ad una gara di burlesque. Tra l’altro anche quelle si svolgevano tutte la stessa sera. Il calcio no, servo delle lobby di potere e genuflesso davanti alla pecunia sborsata dai media. Dov’è la novità? La tv satellitare non può certo lasciarsi strappare qualche migliaio di spettatori cosiddetti di serie B, o che almeno lottano per evitarla.

Accade così che Juventus e Milan reclamano alla Lega l’opportunità di giocare alla stessa ora la 37esima giornata per non falsare la lotta scudetto. Il Milan domani sera affronterà un infuocato derby della Madonnina, mentre la Juve avrebbe dovuto incontrare il Cagliari a Trieste nel pomeriggio. Richiesta avanzata dal club torinese e su cui ha glissato sapientemente Galliani (“Per me ogni squadra devi badare a vincere le sue partite”, aveva detto). Insomma sta di fatto che la Lega, dopo una preghierina al Murdoch di turno, ha approvato l’istanza. Entrambe in campo alle 20,45. Bene, un giusto sipario per le due concorrenti e le rispettive tifoserie.

Ma qui scatta  l’anomalia. Dopo i risultati di mercoledì scorso la bagarre in zona salvezza si è ristretta a due compagini, Lecce e Genoa, divise da tre punti. I grifoni avrebbero giocato regolarmente alle 15 di domani, mentre i salentini sarebbero stati impegnati nell’anticipo pomeridiano del sabato contro la Fiorentina. Immediatamente si mette in moto la macchina giallorossa per garantire la contemporaneità delle due gare. Cosmi avverte la Lega già davanti ai microfoni nel post-gara di Juventus-Lecce, poi giunge la comunicazione ufficiale da parte della società. Ma l’organo istituzionale adotta un regime ferreo: nessuno spostamento. Il Genoa avrebbe già provato a chiedere un simile provvedimento e gli è stato negato. Parità di trattamento, questa la motivazione. Parità riguardo cosa? Giocare per non retrocedere non equivale a contendersi lo scudetto? Questa è l’equità sportiva del Bel Paese? Polemiche furiose in seguito alla decisione sono pervenute dal sindaco di Lecce, che la definisce “inaccettabile”, e addirittura dal Codacons che inviperito ha intimato “la sospensione della prossima giornata di campionato, perché si deve adottare una linea comune a tutte le squadre, in grado di assicurare imparzialità ed eguale trattamento”. Parole che scivolano inermi su una lastra di ghiaccio, le istituzioni sono inamovibili.

Certo le società stesse andrebbero bacchettate. L’accordo del 2009 con le tv proprietarie dei diritti, infatti, prevedeva che solo negli ultimi 90 minuti fossero disputate tutte le gare alla stessa ora. Quando il gruzzoletto percepito ha fatto gola a tutti, nessuno si è opposto. Poi, nel corso del torneo, quei consensi si scoprono avventati e ci si lancia in una disperata retromarcia. Errore di valutazione che però non va connesso alla politica del due pesi e due misure adoperata dalle istituzioni calcistiche. Chiudere un occhio sul regolamento quando si tratta di grossi calibri del nostro sistema. Relegare in seconda o terza fascia le altre partecipanti al torneo, screditandone piani e obiettivi. Comanda Sky, va bene. Ma comanda solo sui più deboli? Un altro indecoroso esempio di  lesa dignità.

La risoluzione attuata, inoltre, non solo condiziona la battaglia per non retrocedere, ma può inficiare indirettamente anche la corsa Champions. Come? Semplice, basta osservare come poi si è conclusa la sfida del Via del Mare. Fiorentina espugna Lecce 1-0. Ora al Genoa di Preziosi basta un pari ad Udine per la salvezza matematica. Non è offensivo credere che gli uomini di De Canio non avranno al Friuli la stessa foga agonistica classica di un’ultima spiaggia. Ed ecco che in questo ingorgo diplomatico potrebbe rimetterci proprio il Napoli, chiamato ad una trasferta pericolosa in terra emiliana contro un Bologna che ha già dimostrato di non fare sconti a nessuno. Il patron De Laurentiis aveva fatto presente la questione in settimana ed è stato travolto dalla solita valanga di critiche. Non è vittimismo, perché gli azzurri devono concentrarsi solo ed esclusivamente sul loro match senza sperare nei regali degli altri. E’ solo un senso di nausea sulla bocca dello stomaco. Dover rimarcare ancora una volta i buchi neri di un calcio che ha smarrito obiettività e buon senso sulla strada del business. Gli unici a doversi lamentare sono i tifosi, come al solito l’ultima ruota di un carro che sono proprio loro a trainare. Nell’unico Paese al mondo in cui è la regola a confermare l’eccezione.

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