Bianchi ricorda Maradona: “Gli veniva tutto semplice, cose che per altri erano da Playstation. Speravo driblasse la morte anche stavolta”

Ottavio Bianchi ha voluto dedicare, ai microfoni di Sky Sport, il suso ricordo di Diego Armando Maradona. Di seguito, le sue parole, evidenziate dalla nostra redazione:

È un ragazzo splendido. Alla mia insistenza perché, perché, perché ad un certo punto mi ha guardato fisso negli occhi e ha detto: “lei ha ragione però io devo vivere col piede al massimo sull’acceleratore”. Al che ho capito che non potevo fare altro che accettare le sue decisioni anche con molto rammarico e con molto dispiacere perché purtroppo era inevitabile. Io speravo che driblasse anche questa volta, facesse un dribbling alla sua per evitare la morte ma invece questa volta non ce l’ha fatta.

Questo ragazzo sotto pressione è stato un ragazzo che non ha potuto vivere intensamente la sua vita, è sempre stato condizionato da una pressione mondiale incredibile, si vede anche in questi momenti e sono convinto, me lo diceva, che lui avrebbe preferito in certi momenti fare una vita normale, e questo non poteva farlo. Io ho conosciuto anche gente culturalmente più preparata di noi che appena hanno goduto un pochino di successo hanno perso la testa. Lui il successo e la popolarità li aveva da quando aveva 15 anni.

Lui era Diego Maradona 24 ore su 24, non ha mai potuto vivere una vita normale, andare a mangiare la pizza, parlare con i suoi familiari, tutti gli erano addosso. Il privilegio di averlo ascoltato da solo in certi momenti, quando parlavamo un po’ di tutto, anche discutendo, anche rimproverandolo, secondo me ho avuto il rammarico di averlo rimproverato troppo poco.

Il primo nostro incontro non è stato molto positivo perché avevano fatto un tappeto rosso gli amici giornalisti di Napoli facendo una dichiarazione, dicendo che io odiavo gli argentini. Con Diego una cosa del genere , dato l’emozionalista che era, non è stato un buon inizio. Poi dopo ci siamo conosciuti e non dovevo giustificare una cosa che non avevo detto però non è stato facile. Voi avete detto che Maradona ha vinto da solo con l’Argentina e qui a Napoli, lui non avrebbe accettato una cosa del genere, avrebbe detto di aver avuto dei compagni eccezionali e in più c’ero io, questo era Diego.

Per essere a quei livelli bisogna avere tutte le caratteristiche che contraddistinguono il fuoriclasse che sono: qualità tecnica, qualità fisica e qualità tattiche e lui aveva un fisico eccezionale, anche la flessibilità articolare, quando faceva gli esercizi a corpo libero era di una agilità spaventosa e poi era coraggioso, altruista. Maradona non l’ho mai sentito una volta in allenamento criticare un compagno perché aveva sbagliato, tanto meno in partita. Tanti si credevano Maradona e li sentivo insultare un compagno per uno sbaglio. Ecco perché la grandezza di Maradona al di là di quello che si dice è proprio questa sua capacità di essere disponibile con gli altri anche in gesti che per lui erano normali.

A lui veniva tutto semplice, con spontaneità, cose che per gli altri erano da playstation. Ma poi non era il solito solista, se facevi esercizi sul blocco, blocco sui calci d’angolo, la barriera, lui era il primo che stava a provare ore e ore. Era un ragazzo a disposizione della squadra e i suoi compagni lo accettavano e lo ammiravano per questo. Poi fuori campo io non voglio giudicare nessuno.

Su 3 anni e 6 mesi è stato perfetto. Poi gli ultimi 4 mesi il suo preparatore mi ha detto che Diego aveva cambiato regime ed era diventato incontrollabile. La bellezza e la gioia che esprimeva quando aveva la palla, sembrava giocasse come un bambino in strada, in campo ed era come tutti i grandi. Se vai a vedere un pianista fantastico sta 10 ore al giorno sul piano, non è che uno accende la luce è fa un gol di mano, un gol da metà campo. Diego le provava in allenamento 10 volte, 20 volte, 30 volte. Tutti i fenomeni si esercitano in maniera ossessiva.

Veniva buio e dicevo adesso basta, lui pur di non andare dentro andava in porta e faceva i numeri in porta, era un appassionato, faceva rovesciate nel fango, di tutto e di più. Con la palla era irrefrenabile e molto dedito ai particolari. Diego è avvicinabile ad Ali, ad Elvis Presley, John Lennon, tutti questi personaggi che avevano quel qualcosa in più del fuoriclasse“.

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