“4”, destro, classe e qualità

A tutti quanti da bambini sarà capitato di immaginare, un giorno, un ingresso trionfale nello Stadio della squadra del cuore. Per molti calciatori, vestire le maglie di due – o più – squadre diverse, magari anche rivali, non cambia molto; alla fine si sa, il calcio è uno sport che nasconde interessi sotto gli occhi di tutti e spesso e volentieri si ragiona “al miglior offerente”.

Nato ad Herford, in Germania, nel lontano 1991, figlio di migranti calabresi cresciuti col mito del più grande di tutti i tempi: Diego Armando Maradona; il suo nome, non può che essere uno: Diego.

Gli esordi

Diego, esordisce nella seconda divisione tedesca all’età di 18 anni con l’Arminia Bielefeld.
L’allenatore non gli dà molta fiducia, complice la giovane età e lo schiera solo 10 volte in tutto il campionato. La squadra retrocede; si riparte dalla terza divisione tedesca.

L’anno successivo le cose non vanno meglio, il mister lo schiera ancora poche volte: 10 in campionato, 3 nelle coppe, qualcosa non funziona.

Si apre la sessione di mercato invernale e nel 2012, è forte l’interesse del Paderborn. L’offerta è allettante e con la possibilità però di giocare ancora una volta in seconda divisione: Diego prepara le valigie e vola a Paderborn (quell’anno chiuderà la stagione al quinto posto).

La nuova stagione arriva e sorride a Diego dal punto di vista individuale dato che colleziona 31 presenze fra campionato e coppe, ma la squadra non gira come dovrebbe e termina il campionato al dodicesimo posto.

Nella stagione 2013-2014, nel mercato invernale, dopo 17 presenze collezionate arriva la chiamata del RasenBall Lipsia (sponsor RedBull), che dalla terza divisione tedesca decide di ripartire da diversi uomini, tra cui, Diego. La squadra farà quello che in gergo è chiamato: un miracolo sportivo approdando in Bundesliga in men che non si dica.

L’approccio con la massima serie non è male: il Lipsia arriverà al secondo posto (con un bel distacco alle spalle del solito Bayern Monaco) assicurandosi l’approdo in Champions League nella stagione successiva. Nel frattempo, le prestazioni di Diego non passano inosservate e convincono Joachim Löw a farlo esordire anche in Nazionale.

L’approdo a Napoli

Stagione 2019/2020: Diego ha appena conquistato la fascia da capitano nella squadra che l’ha consacrato, ma si riapre la finestra del mercato invernale. L’interesse del Napoli è forte e Diego, nonostante le 24 presenze condite da una rete in Champions League, il passaggio del turno ed il primato in classifica della sua squadra, decide di non opporre resistenza al richiamo delle sue origini italiane e di giocare per i partenopei.

Infondo Napoli è il sogno di una vita, il pezzo mancante del puzzle e così, Diego, chiede la cessione al Lipsia. Coi partenopei l’esordio (da titolare) arriva in Napoli – Lazio. Un match insidioso per i padroni di casa, nel quale però Diego, che di cognome fa Demme, sfoggia tutta la sua infinita classe e la sua qualità, facendo capire a tutti di che pasta è fatto.

Arrivato tra lo stupore ed il malcontento della piazza partenopea (complice anche lo scarso rendimento in campionato), con la maglia numero 4 sulle spalle e con Mr. Gattuso (suo idolo) ad impartirgli ordini, ha incantato davvero tutti: soprattutto gli scettici che al momento del suo arrivo ne criticavano l’acquisto.

Cuore, corsa, grinta, lucidità, bravo nella fase di possesso e non, questo e molto altro è quello che ha mostrato alla sua prima apparizione con la maglia del Napoli: insomma, non sarà un fuoriclasse, ma è quello che serve in questo momento al Napoli di Gattuso.

Benvenuto nella nostra grande famiglia, Diego. Dagli spalti non canteremo “mammà, innamorato so”, ma un Diego a Napoli, di sicuro, non passa mai inosservato.

Matteo Grassi

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