Ochoa, una carriera di rimpianti: a Napoli per spiccare il volo

Torna con un ritmo cadenzato, con un ciclo di quattro anni in cui ricarica le pile, si prende le proprie pause, si nasconde dai riflettori. Poi, però, torna. Basta aspettare, pazientare. Ogni quattro anni, Guillermo Memo Ochoa si prende la scena, la copertina. Solo in Europa, sia chiaro. Perché nell’entroterra americano, in Messico, El Memo è una leggenda. Uno degli sportivi più amati del Tricolor.

Che, con la sua nazionale di calcio, ha raggiunto gli ottavi di finale dell’ultimo mondiale. Una soddisfazione enorme, quella di battere la Germania campione in carica. Ochoa l’ha assaporata tutta, s’è preso la copertina. Come quattro anni prima.

Quando si parla di Ochoa, si discute di rimpianti. Per una carriera che ha mostrato, con la maglia del Tricolor, un portiere fulmineo, rapido, agile, plastico, reattivo e tanti altri begli aggettivi che si addicono al ruolo. Nel calcio, d’altronde, esistono nove posizioni e due mestieri: il centravanti e il portiere. La prestazioni di un estremo difensore hanno un maggiore risalto, che si vinca o che si perda. E che prestazioni, per Ochoa! Uno dei migliori, quando indossa i guantoni e la maglia e talvolta la fascia da capitano della nazionale messicana.

Ed è lì che la fiamma dei rimpianti cresce, s’alimenta. L’oblio in cui cade nel ciclo successivo fa pensare. Tanto. A 33 anni il fiore della giovinezza – almeno quella calcistica – s’appassisce. Ochoa si guarda indietro, riflette sulla propria carriera. Alcune scelte compiute, altre lasciate al fato. Altre mai realizzate. All’occhio di chi legge le statistiche, una tabella riassuntiva delle maglie indossate dal Memo, salterà una considerazione: il rimpianto.

Club America, San Luis, Ajaccio, Malaga, Granada e Standard Liegi. Uno spreco, forse. Un’autoconservazione volontaria – a volerla vedere in un’ottica romantica – che non ha fatto altro che alimentare, oltre ai rimpianti, una leggenda in patria.

Alla lista della sua carriera si aggiungerà probabilmente il Napoli. Una parentesi ragguardevole, forse l’ultima di prestigio per il Memo. Che a 33 anni si vede spalancare le porte della Serie A. Si eclisserà di nuovo o s’alzerà sugli scudi?

Un dubbio, sì. Che ne mette in risalto l’attitudine mentale, meno le qualità puramente tecniche. Meno, soprattutto, l’esperienza di chi ne ha viste tante ma non quante avrebbe potuto. Di chi non ha osato e ha da prendere l’ultimo treno in corsa per farlo.

L’ultima nota a margine: nell’esatto giorno in cui sposò la causa del Malaga, 100 mila casacche furono polverizzate. Vendute, destinazione Messico. La divisa del portiere del Napoli è stravagante, richiama il serpente (come la divinità Azteca Quetzalcoatl) e il verde, colore amato in Messico. Quante ne venderebbe, su Amazon, il Napoli?

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