L’editoriale di Alessia Bartiromo: “Lacrime azzurre, catarsi di una giornata sfortunata e di un futuro in ascesa”

Le lacrime, espressione estrema di molteplici sensazioni contrastanti: la rabbia, la felicità, l’amore, l’odio, la repressione, la paura, la sorpresa o la delusione, pronte a sublimare degli attimi che segnano inesorabilmente le nostre vite. Il calcio, per fortuna, è sempre ricchissimo di pure emozioni, che camminano a braccetto con le partite e con i tifosi, le quali marcano a suon di vittorie e sconfitte l’andamento delle loro stesse vite.

Mercoledì sera il ‘San Paolo’ è stato teatro di una spontanea commozione dovuta ad uno scherzo del destino all’88’: in pochi attimi, il Napoli si è ritrovato dal meritato prosieguo del sogno Champions, all’eliminazione a pari punti con Arsenal e Borussia, condannato solo dalla differenza reti. Non è bastata una partita perfetta, né le reti di Higuain e Callejon, neanche la spinta del ‘San Paolo’ ed il cuore di una squadra che si è riscoperta compatta, tecnica e dalle mille risorse, che può davvero mettere in difficoltà chiunque. Nessun rimpianto però: contro il fato c’è poco da fare e l’hanno capito anche i 50.000 che gremivano l’impianto di gioco di Fuorigrotta e che al termine del match hanno continuato imperterriti ad applaudire i propri beniamini.

Lo hanno fatto ancor di più quando, al triplice fischio finale poco dopo il raddoppio azzurro, Higuain è scoppiato in lacrime e con lui molti dei tifosi sugli spalti. Si è parlato molto, forse troppo delle emozioni del Pipita ed io non lo farò. Ma in fondo, ieri è stata proprio la giornata delle lacrime. Quelle di gioia di mister Saurini che sugellava così l’impresa dei baby azzurri che proseguono l’avventura in Youth League battendo proprio l’Arsenal fino a quelle del fuoriclasse argentino, simbolo delle delusione di una squadra che ha dato tutto. Se ho imparato una cosa in questi 27 anni di viscerale amore per il calcio, è che così come nella vita, a lungo andare le lacrime di tristezza portano sempre a lacrime di gioia. Ci vuole tempo, fatica, lavoro, pazienza e sacrificio ma quando si dà tutto in campo e si capisce come fare per ottenerlo, si è più che a metà della strada.

Questo ragionamento mi è nato il 20 maggio di qualche anno fa…sicuramente avete capito quale e dove. Si, ero a Roma, proprio all’Olimpico, al cospetto di una Vecchia Signora che andava via a testa bassa. In quel momento di immensa gioia mi sono passate davanti le immagini del fallimento del Napoli, della sconfitta del play off contro l’Avellino in serie C, delle umiliazioni calcistiche subite, delle sconfitte contro le big, delle retrocessioni, degli addii di lusso, degli sfottò subiti da un Sud che non riesce a farsi valere. Le lacrime viste e vissute all’Olimpico sono state una catarsi: ho capito il senso di quegli anni, di quel percorso, di come ogni esperienza fosse stata necessaria per quel momento di altissima, immensa felicità che avrei voluto fosse eterno. Beh, sono sicura che tra qualche settimana, mese o anno ripenseremo a questa serata con un sorriso in più e diremo: “..quell’11 dicembre è stato solo l’inizio di tutto…”

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