Ruud Krol si racconta: “Domani dico no ad un ampio turn over”

Ha passato 4 anni in azzurro ed è entrato subito nella memoria dei tifosi. Ha giocato con Johan Cruijff, suo compagno di squadra nell’Ajax dei miracoli. Ha girato il mondo in nome del calcio. Ruud Krol si racconta in un’intervista al Corriere dello Sport.

Difficile starle dietro nel suo girare il mondo, mister Krol. Ora da che parte sta?

«Sono in Sudafrica. A Johannesburg. Non so dove sarò domani, ma per ora qui ci vivo bene: il tempo è sempre buono, il Paese è bello e la gente anche».

E il calcio?

«Quello mi appartiene sempre. O, chissà, forse è il contrario: sono io che gli appartengo. Comunque, in attesa di tornare a fare l’allenatore a tempo pieno, sono diventato un prof: insegno il mestiere a chi vuol diventare allenatore dei ragazzi».

Però le manca il calcio vero, il calcio giocato, non è vero?

«Certo che mi manca. Ma ho imparato a non avere fretta. Di proposte ne ho avute, ma ne aspetto di migliori».

Magari dall’Europa.

«Perché no. Due o tre volte l’anno ci torno. Ma dopo un paio di settimane vado via. Anche perché per l’Europa questi sono tempi duri: non c’è molta stabilità e, quindi, neppure molta tranquillità».

Parliamo di pallone, signor Ruud. O Rudy, come la chiamavano a Napoli una trentina d’anni fa. Il calcio italiano lo tiene sempre d’occhio?

«E’ ovvio. Mi documento, leggo, mi attacco al web e guardo la tv. Ma c’è un problema: qui in Sudafrica in tv danno quasi esclusivamente i match dell’Inter, del Milan e della Juve».

E il Napoli?

«Vedere il Napoli è un fatto eccezionale. Non accade quasi mai. Ed è incomprensibile perché il Napoli è tra le più belle realtà italiane e anche europee».

Vuole fare una protesta?

«Più che una protesta, vorrei fare un invito al presidente De Laurentiis».

Prego, faccia pure.

«Caro presidente, in nome della nostra passione azzurra, perché non fa qualcosa? Al di là del fatto sportivo, in un calcio alla ricerca di nuovi mercati sarebbe importante che il marchio Napoli circolasse anche da queste parti, non le pare?»

Bene. E ora dica della squadra.

«Anche quest’anno ha cambiato poco. Ed è questo, forse, il suo segreto. Niente rivoluzioni, ma, stagione dopo stagione, un rafforzamento costante. Cosa che oggi le garantisce una solida organizzazione. Mi piace. Ha un allenatore che lavora bene».

Già. Ma chi è l’azzurro che le piace più di tutti?

«Troppo facile: c’è quel Cavani che è davvero straordinario. Con i suoi gol e il suo sacrificio in campo, non faccio fatica a pensare che sia diventato il simbolo della squadra e il beniamino della gente».

Domani sera?

«Domani sera il Napoli gioca a casa mia, in Olanda. E’ vero, non bisogna mai sottovalutare l’avversario, ma il Psv è una squadra giovane e senza grande esperienza internazionale».

Vada avanti. Racconti. Il Napoli da che cosa dovrà stare in guardia?

«Da Mark Van Bommel, attorno al quale ruota tutta la squadra e da Dick Advocaat, lui, sì, una vecchia volpe del pallone. Un allenatore per il quale il calcio non ha alcun segreto».

Detta così, per gli azzurri la trasferta a Eindhoven sembrerebbe quasi una passeggiata.

«No. Non ho detto questo. Non sarebbe soltanto una mancanza di rispetto per il Psv, ma anche un grave errore. Come un errore, a mio avviso, è quel turn over ampio, radicale, che il Napoli ha annunciato».

Che fa caro Rudy, contesta le scelte di Mazzarri?

«Non posso. Guardo le cose da troppo lontano per essere tanto presuntuoso. No: il mio è un principio. Per me deve andare in campo sempre la migliore formazione. Il Napoli avrà anche buone seconde linee, ma per me è sempre un grande rischio. E poi, siamo davvero certi che dentro di loro i titolari non siano scontenti di non andare in campo? Io mi arrabbierei. Faccio un esempio: a Cavani, che nella stagione scorsa s’è fatto apprezzare in tutto il mondo anche grazie alla vetrina della Champions League, non farebbe piacere continuare a fare gol in una coppa europea?»

Può darsi. E della Juve, invece, cosa pensa?

«E’ l’unica, vera nostra antagonista nella corsa allo scudetto».

Nostra?

«Nostra, certo. Io il Napoli non l’ho dimenticato. Anzi, poco tempo fa ho sentito Marchesi. Rino Marchesi che in azzurro fu il mio primo allenatore. E’ stato un piacere ricordare i vecchi tempi».

Poi lei andò via e a Napoli arrivò un certo Maradona. E’ un suo cruccio non aver giocato assieme a lui?

«Mi sarebbe piaciuto, questo è certo. Ma anche il mio Napoli era una buona squadra. Sfiorammo addirittura lo scudetto. E, non per dire, con Castellini, Bruscolotti, Ferrario, Marangon e il sottoscritto il Napoli aveva la migliore difesa di quel tempo. Il problema era l’attacco. Si segnava poco. Claudio Pellegrini da solo non bastava».

Altri tempi, altra squadra, ma emozioni forti pure allora. Oggi, invece, in una ideale classifica europea, Rudy Krol il Napoli dove lo piazzerebbe?

«Alle spalle delle prime quattro o cinque squadre. Dopo il Barcellona, il Real, il Chelsea, forse il Psg e sicuramente prima dello United che ha una difesa troppo lenta e vecchia per essere grande come qualche stagione fa».

Raffaele Nappi

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