Dalla C alla Champions… al Chelsea: ma è mancata la C di culo

Centoventi minuti per raccontare una storia attraverso una fotografia, un flash che resterà indelebile negli occhi di tutti coloro che si sono messi in posa per questo grande evento: dai calciatori ai tifosi, passando per i dirigenti e il presidente.

Quando Montervino e Sosa portarono i primi palloni di quel Napoli Soccer che non aveva neanche gli occhi per piangere in pochi avrebbero pensato che, nel futuro prossimo azzurro, quegli stessi occhi sarebbero stati bagnati da lacrime di gioia e di delusione nel corso di una Champions League fantasiosa.

L’imbarazzo di Aronica nel marcare Drogba, l’ingenuità di Zuniga nel rilanciare, la paura di non osare di Mazzarri, tutti segni di un tempo che non ha fatto invecchiare al punto giusto questa squadra che come un buon vino ha bisogno di fermentare ancora in cantina, magari diventandone la migliore bottiglia per poi affrontare altri tavoli.

Mancano le rughe, quelle che fanno guadagnare minuti importanti in momenti cruciali: quelle di Drogba ad esempio.

Mancano le unghia lunghe, quelle che fanno tagliare e spaventare, incutendo timore solo a guardarle: quelle che in difesa non sono state affilate.

Il viaggio esplorativo è finito, abbiamo conosciuto il mondo dei grandi, il mondo dei “cattivi”, conosciuto i trucchi del percorso e percepito le potenzialità: adesso l’importante è non mandare via questi uomini che, dopo stasera, hanno le cicatrici impresse sul proprio corpo al fianco dei tatuaggi. Ripartire da loro, necessariamente.

Finisce qua ma non finisce qua“, proprio come ha detto il Presidente.

Antonio Manzo

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