Quantità, personalità e timbro sull’incontro. Trascina la squadra e raggiunge un record speciale. Il migliore in campo per SpazioNapoli è…

Quinta vittoria consecutiva in campionato, una pioggia di goal e quelle reti al passivo, di troppo, sempre difficili da digerire per un perfezionista come Maurizio Sarri. Calcio spumeggiante a fasi alterne, intensissimo in una prima frazione di gara dominata con la personalità della capolista, con merito. Poi qualche crepa negli equilibri, in cui gli interpreti a disposizione di Montella hanno saputo incunearsi, rendendo la gara vibrante fino agli ultimi minuti.

Eleganza e controllo. Due goal subiti ma Albiol, lui no, non perde un colpo. Proprio contro i blucerchiati al San Paolo la peggiore uscita stagionale, surclassato da un Eder – che anche quest’oggi ha timbrato il cartellino, 5 goal contro gli azzurri – inafferrabile. Dopo 19 gare un copione completamente ribaltato. Marcatura, lettura dei movimenti avversari in anticipo,  totale controllo sulle offensive avversarie. L’eccezione sul contropiede del momentaneo 1-2, dove è solo causa avventato disimpegno in uscita sulla linea di metà campo di Koulibaly. Ciliegina, dolcissima, sull’incontro il sombrero in surplace con cui uccella Barreto e guadagna il rigore del raddoppio. Elegante.

Bocche di fuoco. In goal Higuain, Insigne e Mertens. All’appello manca solo Callejon, autore però dell’ennesima prestazione tutta ardore, quantità, energia profusa sugli esterni. Il Pipita sbaglia più del solito, due goal a porta praticamente spalancata, l’eccezione nella regola implacabile che vede l’argentino marciare a ritmi mostruosi, 21 goal in campionato in 21 gare, media perfetta perseguita nel destro secco a spiazzare Viviano su retropassaggio da censura di Edgar Barreto. Incontenibile Lorenzo Insigne, funambolo sulla sinistra, un incubo con il 24 sulle spalle per la retroguardia della Sampdoria. Cassani, chiamato a stazionare dalle sue parti, patisce più di tutti e chiude la sua gara con largo anticipo. Freddo dal dischetto, raggiunge la doppia cifra in campionato. Fotografia, splendida, della vittoria di Marassi, l’abbraccio di Mertens – e dell’intero gruppo – a Chalobah, ritornato tra i convocati dopo il terribile lutto della scorsa settimana. Il belga impatta, con il solito furore abbinato ad immensa qualità, sull’incontro. Un quarto d’ora a ritmi elevatissimi, solo cinque minuti per mettere la sua firma sulla gara con un diagonale preciso e potente, che costringe Viviano a recuperare, per la quarta volta, il pallone dalla propria rete con mestizia.

Nel cuore del gioco. Non deludono Allan e Jorginho, cuori e polmoni il primo, con il ritrovato vizio per le cavalcate, imprevedibili, palla al piede. Una gara in salita per l’italobrasiliano – dopo un inizio thriller con tre falli in pieno ritardo ed un giallo evitabilissimo – vissuta da vero scalatore. Una calamita a metà campo, innumerevoli palloni smistati con millimetrica precisione, margine d’errore minimo, senza mai tirare indietro la gamba in fase di non possesso. Solito essenziale apporto agli equilibri in mediana. Il migliore in campo della gara di Genova è però Marek Hamsik, se la mediana non cede mai un millimetro agli avversari è, soprattutto, per l’accorto lavoro del capitano azzurro. Accorcia, attacca e riparte, sempre al posto giusto – al netto di un errore sulla ripartenza di Carbonero per il primo goal doriano e di qualche imprecisione in impostazione – punto d’approdo per l’intero gruppo. Cuce e dà respiro alla manovra, ma quando c’è da affondare nelle carni della – flebile – difesa doriana lo fa in grande stile. Dribbling secco e allungo di punta a superare Viviano, richiamando alla mente il suo primo sussulto in azzurro, nel lontano settembre del 2007, proprio contro i blucerchiati allora guidati da Walter Mazzarri. Un ritorno al passato in una domenica speciale, quello dei 96 goal in maglia azzurra con un nuova pagina di storia da annotare. Raggiunto Careca, sempre più nel cuore della leggenda partenopea. Un percorso da colonna, con il principio proprio in quella domenica di fine estate.

Edoardo Brancaccio

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