L’espressione della resa, sconforto e mancanza di pathos della panchina nel finale di partita

Il primo piano sui volti corrucciati e delusi di Callejon, Higuain e Hamsik in panchina nei minuti finali dell‘Olimpico è la fotografia più vivida dell’amaro sabato pasquale del Napoli. Gli azzurri sono usciti con le ossa rotte, il morale a pezzi e le ambizioni ridimensionate dalla contesa contro la Roma, anche alla luce dei risultati positivi di Lazio e Fiorentina che hanno fatto sprofondare sempre più in basso in classifica la compagine partenopea.

Tante le sfumature, i retroscena, i possibili perché di un disastro – non annunciato – in quella che sarebbe dovuta essere la partita decisiva per attivare lo sprint e finire la stagione con il piede sull’acceleratore. Emblema della debacle azzurra e dell’infelice andazzo della squadra nell’ultimo periodo, è stato l’ultimo quarto d’ora di gioco.

RASSEGNAZIONE – Nonostante la squadra nel finale – trascinata da un pimpante Mertens che a tratti è sembrato predicare da solo nel deserto – avesse cercato in qualche modo di sovvertire le sorti di una giornata apertamente storta, dalla panchina sono giunti segnali tutt’altro che incoraggianti. Benitez è sprofondato nel proprio posto, silenzioso ed inerme durante tutto l’arco del rush finale di partita per quello che è apparso come un segnale di resa incondizionata.

TRE DIFFERENTI SFUMATURE DI DELUSIONE – Arrendevolezza e sconforto sono stante anche le sensazioni trapelate dai volti di un tris d’eccezione in panchina: Callejon, Higuain e Hamsik (in foto). Un terzetto che spesso ha regalato gioia e spettacolo in campo ma che nel funesto pomeriggio di ieri ha rappresentato in toto l’emblema dei problemi del Napoli. Una delusione comune ma dai connotati e dalle sfumature singolari per ognuno di loro. Inutile girarci intorno, Callejon è diventato un caso. Lo spagnolo appare, di domenica in domenica, sempre un più un lontano parente del calciatore strabiliante ammirato fino ad un girone fa. Già, dalla Roma alla… Roma: quante cose sono cambiate nel lasso di tempo intercorso tra la gara d’andata, vinta brillantemente al San Paolo e quella di ritorno. Dopo quella prestazione, Callejon ha tirato i remi in barca, scomparendo – di fatto – dai radar del Napoli.

Dalla sua delusione a quella di Higuain. L’attaccante argentino, aggregatosi al gruppo solo nella giornata di giovedì dopo il tourbillon di viaggi ed impegni con la propria nazionale, non è incappato di certo nel suo miglior pomeriggio in carriera ma ha cercato comunque di sgomitare e farsi vedere, seppur non sempre con lucidità. La sua sostituzione nel momento di maggior sforzo del Napoli è sembrato un ulteriore segnale di resa; un calciatore del suo calibro, anche in giornata storta, rappresenta sempre un timore per la difesa avversaria e, soprattutto, è capace di risolvere match con una giocata. Un cambio accolto con quella faccia lì dal delantero ex Real Madrid. Infine lui, Marek Hamsik, il capitano con la bandiera ammainata, ben riposta e piegata in qualche cassetto della panchina ormai da tre partite consecutive.

Il loro sguardo è eloquente e vale più di mille parole. Sintesi perfetta e drammatica del momento vissuto dalla squadra. Un morale da ricostruire, energie fisiche e mentali da ricompattare. Questa la missione (im)possibile del Napoli nell’immediato futuro. La stagione è sì, inevitabilmente ridimensionata, ma non ancora compromessa.

Tramutare quei musi lunghi nuovamente in sorrisi. È forse questa la vera missione, da attuare inderogabilmente nel più breve tempo possibile.

Antonio Allard (Twitter: @antonioallard1)

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