Stramaccioni sicuro: “Il calcio italiano per competere deve essere più veloce e bisogna investire sui giovani”

Ho chiuso l’esperienza nel mondo asiatico con grande tranquillità. Inizialmente ero scettico, ma ho accettato anche per poter disputare la Champions asiatica. Mi ha colpito la passione degli iraniani per questo sport, ho rivisto in loro l’Olimpico e il San Paolo gremiti degli anni ottanta – queste le parole di Andrea Stramaccioni, ex allenatore Inter, ai microfoni de “Il Sogno Nel Cuore”, trasmissione in onda su 1 Station Radio -.

Inter? L’uscita dalle coppe è stata una sliding doors. Essere usciti dalla Champions e, successivamente, eliminati dalla Coppa Italia dalla Juventus, rivale storica, avrebbe potuto distruggere il progetto, ma Conte, la società ed i calciatori sono stati bravi a creare un gruppo solido che ha portato all’attuale classifica. Squadre italiane indietro a livello europeo? Io provengo dai settori giovanili, e il primo lavoro deve essere fatto lì. La storia italiana ci insegna che siamo andati avanti con dei calciatori importanti provenienti dai vivai. Oggi, invece, è difficile proporre i Totti, Maldini, Cannavaro, De Rossi. Per un calciatore forte è difficile trovare spazio nella propria squadra, e, di conseguenze, si è costretti sempre a fare la trafila nelle serie minori. Per raggiungere il livello europeo bisognerebbe crescere anche nella velocità del nostro calcio.

Il Napoli, ad esempio, gioca un calcio offensivo e ha qualità importanti: pensa più ad attaccare che a difendere, e questa caratteristica lo avvicina di più al calcio europeo che a quello italiano. Quando ho disputato la Youth League con le giovanili della Roma e dell’Inter, incontravo calciatori come Sterling. Dopo aver vinto la competizione con la Primavera Inter, sono stato promosso in prima squadra, ed anche io ho avuto difficoltà ad inserire i miei ragazzi. Non era semplice farli giocare in uno stadio come il Meazza, perché al primo errore ti ammazzano.

Insigne e Florenzi sono l’esempio di ciò che si dovrebbe fare con i giovani. Conosco Lorenzo sin da ragazzino ma, purtroppo, è stato una eccezione che ha confermato la regola. Verratti era nella sua stessa squadra: vi siete mai chiesti perché lo ha preso il PSG senza esordire in A? Con le squadre europee c’è questa differenza. Anche l’Inter provò a prendere Marco, ma i parigini puntarono forte su di lui. Dobbiamo valorizzare i nostri giovani”.

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